Trionfa nella notte degli Oscar Birdman, di Iñarritu, e non poteva essere altrimenti. Miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura originale e miglior fotografia per un’opera che ha tutti i requisiti per restare nella storia del cinema.
Riggan Thompson, interpretato da un Michael Keaton in stato di grazia, è un attore diventato famoso per l’interpretazione di Birdman, l’eroe alato che sconfigge i cattivi. Riggan però è stanco di vestire i panni del super eroe e di essere un fenomeno da botteghino, vuole dimostrare agli altri e soprattutto a se stesso di saper recitare. Decide quindi di mettere in scena un testo teatrale di Raymond Carver a Broadway. Nell’allestimento lo aiutano la figlia Sam, appena uscita da un difficile percorso di disintossicazione, l’amico Jack, produttore, e l’attrice Laura, divenuta sua amante. Per il ruolo di spalla, dopo un infortunio occorso all’attore predestinato, arriva Mike, un istrionico e scatenato Edward Norton, che farà esplodere tutte le contraddizioni interne agli equilibri scenografici, psicologici e famigliari di Riggan.
Teatro nel teatro, la trama del film si svolge su e dietro le quinte del palcoscenico, che diventa campo di battaglia e improvvisazione, e in cui il canovaccio originale prende forma a seconda degli umori e dei turbamenti degli attori. Riggan, che dal suo personaggio piumato ha ereditato magici poteri ─ sposta gli oggetti con lo sguardo, lievita senza peso nell’aria (ma sarà poi vero?) ─ è sempre più perseguitato dal suo alter ego Birdman, che con voce stentorea gli intima di rinunciare al suo progetto perdente e di rituffarsi nell’avventura vincente dei facili incassi al cinema.
Paragonato al miglior Altman, il Birdman di Alejandro Gonzales Iñarritu (USA 2014) è allo stesso tempo un omaggio al teatro e una denuncia di tutte le sue storture: dalla volubilità degli attori a quella della critica paludata che riesce a stroncare o esaltare con un articolo una pièce, al di là del suo valore effettivo. Una denuncia nei confronti dei vecchi media ma anche dei nuovi, dall’illusione che migliaia di followers su Twitter o Facebook possano fare di te un buon attore alla finta gloria delle centinaia di condivisioni su You Tube di una scena imbarazzante di cui sei protagonista tuo malgrado. Ma, soprattutto, un inno alla libertà dagli stereotipi e dalle proprie ossessioni, dai vincoli che c’imponiamo e da quelli ben più stringenti della società in cui viviamo. Libertà di volare alto sopra la bellezza e la bruttezza del mondo, con le ali di Icaro, vecchio sogno dell’uomo, o con quelle metaforiche dell’intelletto.
Il finale plurimo dà spunto a più interpretazioni, ma anche questa è una forma di libertà data agli spettatori.
Con una fotografia preziosa che spazia dai luoghi chiusi del teatro ai cieli e grattacieli di New York, attori straordinari e dialoghi serrati, Birdman è un film da non perdere. A prescindere dal giusto riconoscimento che gli è stato tributato.