Facebook nasce il 4 febbraio 2004, da un gruppo di studenti di Harvard, tra cui Mark Zuckerberg, che volevano favorire i contatti fra ragazzi e ragazze dell’università. Ora è un continente di persone in connessione.
Un sesto continente, che conta circa un miliardo di abitanti, è tecnologicamente evoluto ma non parla cinese. Ha confini mobili, viaggia alla velocità del pensiero, non conosce fame e sete biologiche, segue regole decise da pochi, che cambiano regolarmente. (pg)
Le regole mutano di continuo con criteri a noi utenti incomprensibili. Facebook toglie strumenti utili, ci impone comportamenti scomodi. È una guerra: ma se, a furia di cercare algoritmi utili ai suoi fini, diventerà inutilizzabile ai nostri fini, finiremo per emigrare, con dispiacere, in altri social network più friendly. Dobbiamo ammettere però che, con tutti i suoi difetti, FB ha allargato i nostri orizzonti, ha permesso di conoscerci tra affini di diverse età e città. Ha dato alla nostra Ellerì le radici per nascere. (gn)
Il sesto continente di Facebook racconta storie senza mai ascoltare fino in fondo, condivide e dissente, urla e insulta, accoglie e cancella, ma offre la possibilità di sapere – per me che ho vissuto e conosciuto persone degli altri cinque continenti, da Auckland a Dubai, da Londra a Città del Capo, da Jakarta a Parigi, da Singapore a Bucarest – che continuiamo a esistere nonostante le distanze. FB ha riportato nella mia vita, in una forma affascinante e bizzarra, la creatività condivisibile con figure ritornate dal passato, visi nuovi da conoscere giorno dopo giorno, e nomi e parole che non hanno acquisito una fisicità che si riuniscono tutti insieme per lavorare a un progetto che ci accomuna. (simon)
Nonluogo tra i nonluoghi, FB può somigliare a una piazza, un salotto, una stazione ferroviaria, un vagone della metropolitana, un’alcova o un boudoir. Sotto immagini di profili e copertine, nasconde volti che quasi mai vedremo, ma con cui condividiamo intimità. Un miliardo di cellule interconnesse, capaci di produrre intelligenza, idiozia e inutilità: unità di misura del pensiero medio feisbuchiano. (cosmo)
Fb è uno strumento, un semplice strumento cognitivo, una rappresentazione dell’immensa mappa mentale del popolo del web. Un continente in continua espansione nel quale viaggiare appare facile perché veloce. Invece, come in tutti i viaggi che si rispettino, ci si deve attrezzare con umiltà e curiosità. È un viaggio pieno di insidie: ci si fraintende a volte senza uscirne, a volte per essere ancora più vicini; c’è la trappola dell’ansia di appartenere a un gruppo di pari dove, spesso, la parità si misura sull’ovvio e la banalità. Oppure, ci si addentra per calli poco frequentate, dove non si cammina con la bussola del senso comune, ma si cercano sensazioni nuove. È lì che si fanno incontri miracolosi, di colpo spariscono gattini e cuoricini e le sinapsi si sintonizzano. I neuroni si avvicinano grazie un particolare giro di parole, un sorriso o un broncio sbattuti su un profilo, la frase esilarante di un figlio o di un amico. Si scoprono mondi che si confrontano con il proprio e lo espandono fino a voler sapere chi si cela dietro quel neurone che ha smosso sorrisi, riflessioni e chili di scrittura. A quel punto, tocca anche ringraziare Zucco per essersi inventato Facebook. (cricilli)
Volente o nolente FB è un antidoto alla solitudine perché, usato bene, è scambio e riconoscimento, luogo di linguaggi, parole e immagini, luogo di toni e stati d’animo, specchio che non riflette soltanto ma interseca, e incontra o il dissenso o la stima. Talvolta il pensiero, le opinioni, i gusti espressi si avvicinano talmente che diventano progetto comune. Si incarnano. Ci si guarda negli occhi e ci si abbraccia. È allora che il mezzo interagisce con l’essere umano. Adattamento e guadagno, l’importante è riuscita collaborazione e innovativa reciprocità. (valvì)