La prima volta che vidi il logo Carrefour avevo più o meno quindici anni. Lo vidi nel finale di un film di Alain Corneau, Police Python 357, con un Yves Montand poliziotto dannato, una Simone Signoret donna lugubre e fatale, e una Francia livida e nebbiosa sul cui sfondo si agita una vicenda torbida e a tratti impenetrabile, che accende di uno scuro spessore da tragedia una provincia solo all’apparenza sonnolenta e immobile. È proprio nel gigantesco parcheggio di un Carrefour, illuminato dalla luce gialla di un’alba d’inverno, che si svolge la sequenza finale del film: una sparatoria confusa e furiosa, dove tutti sparano contro tutti, cui fa da sfondo (scenario immobile e incombente) l’insegna rossa e blu del supermercato francese.
Fu in quella scena che vidi il logo Carrefour per la prima volta: fu grazie a quella scena, complice la posizione sdraiata sul divano, che intuii la portata malefica di quel logo apparentemente anonimo. Mentre Yves Montand, con la faccia coperta di bende, rotolava sul cemento del parcheggio, svuotando il tamburo della sua rivoltella, capii che quel marchio falsamente patriottico (una C bianca descritta dallo spazio che rimane libero tra la forma rossa di sinistra e quella blu di destra) nascondeva un segreto impronunciabile.
A quell’epoca non esisteva Internet, fare ricerche con Google Immagini era una cosa di là da venire, quindi scartabellai riviste e giornali e alla fine trovai la prova che cercavo. Era tra le pagine di un Corriere dei Ragazzi, era l’immagine di un alieno grigio, di un reticuliano, uno di quelli che in quegli stessi anni (la metà degli anni ’70) avremmo visto nella sequenza finale di Incontri ravvicinati del terzo tipo (ancora una sequenza finale, ancora un film con un “attore” francese, in questo caso François Truffaut nei panni dello scienziato Claude Lacombe).
Ormai tutti gli elementi combaciavano. Avevo la certezza di quel che avevo solamente immaginato: ciò che non sapevo era “cosa ci fosse sotto”, cosa si celasse oltre la verità certificata che “dietro” i supermercati Carrefour si nascondessero, in realtà, basi segrete di extraterrestri grigi. Perché che altro vi verrebbe da pensare confrontando il logo Carrefour ruotato in senso orario di 90° con il volto semitriangolare di un reticuliano? Il volto e il logo non vi paiono perfettamente identici? Non vi paiono quasi sovrapponibili?
I supermercati Carrefour sono avamposti per l’invasione aliena della Terra? Dietro di essi si nasconde una potenza cosmica che ci vuole fare propri producendo in noi leggere ma costanti mutazioni attraverso generi alimentari geneticamente modificati? O gli alieni grigi, come sostiene una recente teoria, sarebbero umani provenienti dal futuro, viaggiatori nel tempo venuti a porre rimedio ai propri errori?
Non saprei dirlo, ma ogni volta che entro in un Carrefour mi guardo attorno per capire se qualcuno conosce il segreto di cui sono ancora l’unico latore; per avvertire se mi hanno scoperto; per sentire se dietro le mie spalle una muta di opachi omini grigi sta progettando il mio letale rapimento, la mia scomparsa tra le nane gialle che segnano il tempo su Zeta Reticuli.