Caro Renzi, ti scrivo

Caro Renzi, non so se ce la farai; non so se, con te, ce la faranno i tantissimi che ti hanno votato e gli altri (assai di più) per i quali la tua vittoria è motivo di sollievo e speranza. Non so se l’Italia di oggi, ripiegata e intimorita, sarà disponibile a riconoscersi in te e nel “tuo” PD, se si rimboccherà le maniche per sostenervi e aiutarvi.

Anche avvenisse, sarà comunque difficilissimo uscire dalla palude, evitare di sprofondarci inesorabilmente, come sta accadendo da un po’ d’anni. Non m’illudo, dunque. Eppure sono contento, entusiasta; mi sento leggero per quel che è accaduto ieri; per quei tre milioni – o giù di lì – che sono tornati ai gazebo, che hanno deciso di provarci ancora.

Più di due su tre hanno scelto te. Due terzi, come quelli che più di vent’anni fa decisero che si era conclusa la storia del Pci, che si doveva cercare e avviare un “nuovo inizio”. Anche allora (lo ha documentato con passione e verità Nanni Moretti in La Cosa) la sollevazione, il coinvolgimento, la partecipazione delle persone fu sorprendente ed esaltante. La leggerezza che sento oggi è la stessa che provai quella volta, nonostante le difficoltà, le sofferenze, le incognite; nonostante il timore di non farcela.

In poche altre occasioni sono stato afferrato e rigenerato dalla stessa leggerezza: con i referendum elettorali, quello della preferenza unica e quello del 18 aprile 1993, quando l’83% degli italiani disse che non volevano scegliere soltanto un partito, ma essere loro a decidere il governo. Qualche anno dopo fu grazie all’Ulivo, pensato e desiderato per realizzare i nostri progetti più innovatori e audaci, come vedere la sinistra vincere e governare per la prima volta nella nostra storia.

Sempre seguirono disillusioni, cadute, sconfitte. L’establishment (nel partito, ma non solo, perché quello del partito è una porzione dell’establishment complessivo) sembrava condiscendente; ma con tenacia assorbì, svuotò, contrattaccò e prevalse. Io e altri che pensavano e sentivano come me fummo marchiati e isolati: nuovisti, sconclusionati, acchiappafarfalle. Cosa andavamo cercando? La politica, i partiti, la sinistra se vogliono essere tali devono restare quel che sono sempre stati; il resto sono fumisterie se non peggio. Questa volta, però, tirate le somme, quelli che la pensano così non sono neppure il 20% dei votanti. Ormai è chiaro che sono una minoranza, e neanche grande; anche se per capirlo è stata necessaria una serie impressionante di errori arroganti e catastrofici che abbiamo pagato tutti, che ha pagato la sinistra e l’Italia.

L’establishment, però, ha molte risorse; non si misura solo con i voti nei gazebo. La Consulta – per dire l’ultima – ha restaurato il proporzionale. Senza maggioritario, tu, caro Renzi, sei come una vespa senza pungiglione. E tornare a una legge maggioritaria oggi, con questo parlamento, sarà difficilissimo per non dire impossibile.

In ogni caso, grazie Renzi per la leggerezza che mi hai consentito di assaporare ancora una volta. Grazie e in bocca al lupo. La tua sola risorsa certa sono – per ora – coloro che ti hanno aiutato, sostenuto e votato. Non credere a chi dice che ora sei tu il padrone e dipende tutto da te. Sono tanti, e determinati, quelli che vogliono dissipare la leggerezza che oggi ci rende euforici, che vogliono tornare alle pesantezze che assicurano il loro potere. Te lo dice uno che sa di cosa parla; perché ci è passato.

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