Anni fa, seguendo la regola anche Bukowski ha fatto il postino, risposi a un annuncio per “impiego creativo in televisione”. Subodoravo un impiego illegale, immorale o indecente, ma mi presentai coraggiosa al colloquio. «Vedrà, è molto semplice, signorina», mi assicurò il neo datore-muso da faina, a contratto firmato. «La nostra emittente televisiva manderà in onda alcune televendite, i clienti chiameranno un numero verde, lei risponderà al centralino e annoterà i loro ordini». Creativo quanto il diritto tributario, ma abbordabile.
A me toccò il turno della Turbo Scopa Elettrica, molto ambita dopo i Tappeti Persiani di Nylon e la Mutanda Effetto Ottico Dimagrante. Rispondevo al telefono tenendo sotto mano un manuale di istruzioni/manutenzione della Turbo Scopa, nei ritagli di tempo potevo masticare gomme e mettermi lo smalto. Mi limitavo a dire «Turbo Scopa, sono Silvia», il resto lo facevano loro.
«Buongiorno, vorrei sapere perché al supermercato di Cinisello Balsamo ho visto la vostra stessa scopa in vendita a dieci euro in meno. Ladri!».
«Salve, vorrei comprare la scopa, ma mio marito non vuole. Cosa mi consiglia?»
«Buongiorno, la vostra scopa ha appena preso fuoco. Da sola, in cucina. No, non era attaccata alla corrente, è proprio esplosa. Allora, senta, volevo sapere… come si fa a denunciarvi?»
«Signorina, è lei quella dentro la tv? Si sposti dallo schermo che non riesco a vedere bene la scopa. Lei me la copre!».
Erano loro a rendere creativo quel lavoro che mi ha succhiato i sabati, è durato poco e mi ha restituita al mondo piena d’amore verso le scope di saggina e dubbi sul conto di Bukowski. Perché io, le voci al telefono, non le dimenticherò mai. Incluso quel ragazzino di otto o nove anni che mi chiamava tutti i giorni per suggerirmi un creativo utilizzo della scopa che non riporterò in questa sede per ragioni di decoro.