E così siamo davvero alle ultime mandate di chiusura: i traslocatori fuori che aspettano, gli scatoloni ammucchiati all’ingresso, le pareti ingrigite con le sagome più chiare dei quadri tolti, le lampadine appese al soffitto, un martello e un cacciavite sul davanzale. Oggi sei qui anche tu in piedi sull’uscio come tutto il resto, in attesa di andartene.
Ti guardo sapendo che stavolta dobbiamo salutarci davvero. Resisto fino alla fine poi cedo e ti faccio una carezza, ti sfioro l’ultima volta e ritiro la mano. Ti guardo cercando di imprimerti bene nella mia mente giacché dal mio cuore non ti schiodo. Sei una parte di me. E so che, nonostante le apparenze ci stiano certificando il contrario, tra noi non può finire così.
Perché, come diceva quello, certi amori non finiscono.
Mi sei stato accanto tutti questi anni, davvero, nella buona e nella cattiva sorte, in ricchezza e povertà, in salute e malattia. Su di te ho scaricato rabbie, frustrazioni, fantasmi e malumori nel tentativo di scacciarli, ma con te ho anche sognato. Hai fatto viaggiare la mia mente, le mie mani e il mio cuore lì dove non tutti hanno la possibilità di arrivare. È stato un viaggio lungo, a volte faticoso, a tratti disperante, ma indimenticabile.
Per tutto questo ti ringrazio. E te lo prometto: sei il mio pianoforte da trent’ anni. E verrò a riprenderti appena posso.