Che c’entra il volemose bene con il diritto alla salute?

 

Una campagna martellante: spot radiofonici, manifesti giganteschi, paginate sui giornali. A dicembre è partita quella sulla prevenzione oncologica rivolta alle donne; poi quella sulla riduzione delle liste di attesa con gli ambulatori ospedalieri aperti il sabato e domenica; l’ultima, che andrà avanti fino ad aprile, sulla salute dai 50 anni in su. Non sappiamo, cosa ci riserverà il futuro. Pare, sussurrano i bene informati, quella sul parto naturale. Tutte usano rigorosamente lo slogan “Mi state a cuore”.

Parliamo della campagna promossa e firmata dal Presidente della Regione Lazio Renata Polverini che, da governatore e commissario per la sanità, ha pensato bene di riciclare e riadattare il suo fortunato slogan elettorale.

I partiti di opposizione sbraitano e chiedono quanto sia costata (IDV) o denunciano che fare la prevenzione su camper rabberciati che girano per i mercati e i paesi del Lazio sia da paesi del terzo mondo, privi di ospedali o strutture sanitarie degne di questo nome.

Molto più banalmente, da cittadina, mi domando – non solo perché ho partecipato alla manifestazione del 12 marzo a difesa della Costituzione -, ma l’ho letto e ricordo solo io l’articolo 32 della Costituzione? Quello che recita, “la Repubblica tutela la salute, come fondamentale diritto dell’individuo”. Quindi la salute è un mio-nostro diritto. Ed è un dovere delle istituzioni che ne hanno la titolarità e responsabilità garantirlo. Mica è un rapporto affettivo o di amorosi sensi. Il diritto alla salute non è garantito dal buon cuore dei governanti. Renata Polverini è donna troppo intelligente per non capire che non puo’ trasformare il suo dovere di garantire servizi efficienti, liste di attesa accettabili, in una elargizione e manifestazione di affetto. Anche se odiasse tutti i cittadini del Lazio e l’umanità intera, quel diritto alla salute, sotto forma di servizi sanitari all’altezza, lo deve garantire perché è il dovere dell’istituzione che rappresenta.

Perché noi donne e uomini di tutte le età che viviamo nel Lazio non siamo sudditi, ma cittadini che hanno diritto a servizi efficienti e per questo hanno il dovere di pagare le tasse che servono anche a garantire quei diritti. E nel Lazio, la tassa regionale, da gennaio è pure aumentata e parecchio.

In un pronto soccorso, in un ambulatorio, in corsia o prima di entrare in sala operatoria ci domandiamo se il medico è bravo, mica se ci vuole bene! Quindi smettiamola con l’irritante farsa del “volemose bene”.

Qui non si tratta di una campagna pubblicitaria infelice. Qui si stravolge, nel silenzio di tutti, il rapporto tra istituzioni e cittadini su una questione tutt’altro che marginale visto che si parla di salute. E’ un problema di rispetto dei ruoli. E’ un problema di dignità delle persone.

 

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