L’ultimo colpo ce lo da nientepopodimeno che l’Organizzazione Mondiale della Sanità: insaccati, carni rosse e carni lavorate in generale entrano nella top ten dei cibi cancerogeni.
Fermo restando che di corpo ne abbiamo solo uno e che io sono una seguace del detto “il tuo corpo è il tuo tempio”, inizio però a avere tentennamenti e subdoli sospetti ogni volta che porto un po’ di cibo alle labbra. Scusa OMS ma il prosciutto crudo è semplicemente essiccato e stagionato con il sale. Allora anche lo stoccafisso va messo al bando, per dire.
E, detto fra noi, c’è qualcosa di perverso e insano nel dover diffidare di ciò che nutre.
In mezzo al guazzabuglio di divieti e allarmi ci vengono incontro, a sollevare le sorti dei nostri pasti avvelenati, i social media.
Stanno nascendo pagine su pagine di vendetta vegana: ve lo avevamo detto eh, siete cadaveri putrescenti che camminano (ancora per poco).
I carnivori impenitenti, al grido di “a secchi, nun sapete vive e nun ce fregate co’ ‘ste foje de insalata” fanno selfie con l’intramontabile panino con la mortazza e agitano pezzi di pancetta da aggiungere in soverchia abbondanza alla pasta di Amatrice.
Si organizzano giornate virtuali di consapevole auto-distruttività, con corone di soppressata appese al soffitto e barbecue fumanti di bistecche da un kilo l’una.
Il fatto sta, che in tempi di mens sana in corpore sano, per la paura di tante malattie mortali, il motto di Giovenale si scontra con mode, costumi, interpretazioni personali e forse, dico forse, qualche lobby eno gastronomica.
Sarà più sano essere golosi e spensierati o salutisti e spirituali? I vegani sono dei frustrati? I carnivori dei paleolitici assassini? E i pilateschi reduciariani, dove li mettiamo?
E ora voi, con che coraggio, mangerete stasera?