Chi chic e chi no

 

C’è chi ce l’ha e chi non ce l’ha.
C’è chi lo succhia col latte materno e chi, non avendolo dalla nascita, lo vive come una carriera.
Parliamo dello chic: “Piena di chic fin qui” si usava dire ai tempi dei cocktails e dei salotti. E per spiegare meglio il concetto si diceva: ”È talmente chic che piace allo stesso modo alla cuoca e alla contessa”. Oggi che i pranzi scemano, i salotti sono cancellati o fané, carentissime le cuoche e chissà dove son finite le contesse, oggi che la moda è diventata più svelta e rozza… ebbene, lo chic esiste ancora. E allora vediamo, cominciando a tracciare l’identikit di chi lo chic ce l’ha. Il segreto della donna chic sta nel dosaggio di quel che si mette addosso. Fugge la tenuta firmata all inclusive, destabilizza il trend di stagione, guarda con insofferenza le poverine colte da crisi isterica perché non trovano il sandalino della stessa nuance della borsa. Se viaggia, se ne torna dalle Indie, dalle Thailandie, dai Marocchi con qualche bella collana, meglio se antica, un paio di cinture artigianali, qualche pezzo di stoffa con il quale far copiare la blusa di Saint Laurent anni ’70 che è il suo cavallo di battaglia o i pantaloni di Armani che sono un classico del guardaroba chic. Le camicie indiane le usa come camicie da notte e i pantaloni “tuareg”, invece di indossarli al Club Mediterranée, li infila sotto il blazer per andare in ufficio.
Altra connotazione della donna chic è crearsi la misura di ciò che si mette addosso: se è alta e le regge il fisico predilige e sceglie il gigantismo. Enormi e voyant i gioielli, altissime le cinture, larghissime le bluse, lunghissime le sottane. Se non passa il metro e sessanta, la donna chic privilegia piccoli, antichi, preziosissimi gioielli, minuscoli top e dalla vita in giù, una girandola di sottanine e pantaloni a sigaretta. Al massimo si concede i bermuda.
Altro aspetto-spia dello chic è la naturale propensione a portare una cosa o qualcosa per tutta la vita, qualunque sia la moda. Così trovi la patita del “touch of white” alla quale non manca mai un collettino, una sciarpina, un fiore, una stringa della scarpa candidi di bucato. Ti trovi quella che, snobismo e chic estremi e supremi, nonostante il profluvio di lusinghieri par-dessous che inondano i negozi di intimo, porta soltanto le mutande ascellari di cotone bianco che si trovano sulle bancarelle.
Quante non hanno chic invece… sono, nei confronti della moda, sospettose, come in continuo allarme su qualcosa che non capiscono a fondo, come in perpetuo dubbio di fronte a un fenomeno pieno -nella loro testa- di trabocchetti e orrende trappole. Per cui delle due una: o esagerano applicando la regola del bon-ton raggiungendo livelli di ovvietà insopportabili e cadendo nel più tetro anonimato, oppure strafanno dando senza requie caccia alla moda come fa un’amante abbandonata e non rassegnata col suo oggetto di desiderio. Rincorse paurose: come captano che questo è l’anno del pantalone stretch, invece di comprarne un paio tanto per gradire, svuotano il guardaroba gettando jeans eterni, pantaloni da uomo senza tempo e rassicuranti bermuda per far posto a un’orgia di pinocchietti, bloomers, shorts dall’improbabile futuro. Incauti acquisti: quanto riescono a spendere le non chic è incredibile. Usa il rosa? E rosa sia ma non per una T-shirt bensì per un coordinato ”from top to toes”.
Chissà chi glielo ha detto che lo chic è monocolore? E ancora, ossessione dell’etichetta.
Al grido di non mi compro niente che non sia firmato, la non chic mette in ferie cervello e sense of humor, adotta la griffe tutto compreso, tranne lo chic, naturalmente. Che, by the way, non si compra.
Anzi: i soldi spesso sono un deterrente dello chic.

 

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