Mia madre dice che Baglioni le porta sfiga, lo dice da quando ero piccola, al punto che credo di non aver mai ascoltato una canzone di Baglioni per intero. Per me dicono tutte “Passerott”, “Strada facen”, “Quella sua magl”. Mia madre strozza Baglioni con grande tempismo, ha passato gli ultimi ventisette anni a cambiare stazioni radio.
“Che io, da giovane, ho fatto un incidente mentre ascoltavo Baglioni!” ricorda a voce alta, a perenne monito. Così non importa quanto siano struggenti i “mille giorni di te e di me”: Baglioni è il più potente gatto nero che sia mai sfilato sotto il naso, accuratamente rifatto, di mia madre.
Ebbene io, per ragioni Freudiane, per quell’inspiegabile bisogno di criticare la propria madre, salvo poi diventare identiche a lei alla comparsa della prima ruga, ho a mia volta uno spauracchio iettatore. E non è quel malcapitato Baglioni che mai potrà suggerire uno “strada facendo vedrai” fra le mura di questa casa, pur continuando ad assicurare “io sono qui”: è invece uno scrittore piemontese nato nel 1908, morto suicida e autore di un famoso romanzo che cita nel titolo i falò. E non lo nomino mai, perché è il mio uomo nero, perché il tema dell’esame di terza media lo riguardava e fu l’unico tema disastroso della mia vita, perché se veniva nominato in classe il crocifisso cadeva – il compagno di banco mi vomitava addosso – prendevo tre, perché l’avevo nominato poco prima che lo storico moroso del 1999 (la mia Numero Uno) mi dicesse che gli piaceva quell’altra, quella bionda e magra che in comune con me aveva solo il colore delle gengive.
Così guardo mia madre, assolutamente certa che il testo più rilevante da annoverarsi fra le sue letture sia l’inserto “Glutei tonici” di Diva&Donna, e dico “A me porta sfiga l’autore di un romanzo che cita i falò nel titolo, non va nominato, è pericoloso”.
Lei annuisce come se avessi parlato in armeno, continua a darsi lo smalto. Poi sgrana di colpo gli occhi. “Si chiama per caso Cesare Pavese? L’ho sentito dire una volta al programma con Gerry Scotti!”
In giorni come questo sento il bisogno di entrare in un negozio di dischi.