Arrivi a un punto dove anziché essere triste o in ansia per il disperso, cambi umore. Il punto è che ridi.
Mi sorprendo a ridere come al cinema. “Chi l’ha visto?” Trasmissione del tempo perso.
Parenti sottotitolati. Italiani. Perfetti attori. Da seduta, la moglie dello sparito piange in dialetto stretto; le pause giuste tra un gemito e l’altro, sono storie lunghe tanto quanto una vita passata insieme di merda. La scenografia prevede che altri componenti la famiglia tanto unita amorosa pietosa, sia in piedi in cerchio sullo sfondo della cucina set o del salotto buono, con in mano la fotografia del caro parente fuggitivo.
E la moglie lo supplica di tornare (sussurri sottotitolati e grida al vento), e supplica il pubblico da casa di uscire nella notte a cercarlo, a riportarglielo intatto, perdonato, nel salotto di casa. Che poi ci penserà lei come sempre a sistemare tutto.
La trasmissione più in ballo, più divertente in tutti i sensi, che esista, si muove su piani diversi. Quelli troppo obliqui manco te li sogni.
Eppure poco fa un giornalista inviato sul posto per le indagini del caso, trova il cadavere.
Il giornalista. Figuriamoci l’agitazione.
La trasmissione show che cerca il disperso ma nel frattempo perde i confini. Prova tu a imbatterti in un morto steso stecchito quando ti guadagni il pane girando nelle sterpaglie inseguendo le tracce d’un vivo.
E insomma. Ce n’è per tutti i gusti.
Veleni traumi sacchi dell’immondizia finzioni lacci e magie. Troppe curiose magie.
Non oso neppure parlare di gialli.
Un mondo di pazzi.
Il gallo canta, razzolano le galline. Due cani latrano attaccati alla catena corta.
Un’aia di campagna col puzzo del delitto sospeso a -chi l’ha visto- non può mancare mai.