La sua puzza ha accompagnato gran parte della mia adolescenza. Dicevano che erano i rumeni, dall’altra parte del Danubio, e le loro fabbriche chimiche. Rilasciavano i loro vapori quasi ogni giorno e noi dovevamo respirarli. Andare a scuola? A suonare? Nessun problema. Mettevo un fazzoletto davanti alla bocca e al naso, e via. Il problema erano gli occhi, pizzicavano. A volte non si vedeva a distanza di cinquanta centimetri. Gli adulti alzavano le spalle e sopportavano. L’intera città sopportava. La chiamavamo “La guerra chimica dei rumeni”. Ero matura per la mia età, ma piccola per capire i sussurri tra gli adulti. Non si spiegava molto. L’intero paese ci prendeva in giro, noi, i cittadini di Russe.
Finché un giorno non sono cominciate le manifestazioni. Urla e lamenti, per mesi e mesi. Cartelli, richieste di diritti. Di vivere. E un giorno tutto è finito. Così com’era cominciato.
Sono aumentati i casi di disfunzione riproduttiva. Io pensavo di essermela cavata solo con la faringite cronica e il fiato corto.
Ancora inspiro con timore. Non ho bambini.