Colette, la ribellione silenziosa

Lo confesso: stanco di commediole minimal sullo stato pietoso del nostro paese, di americanate costosissime ed evanescenti al momento di lasciare un ricordo incisivo, mi sono recato con buona disposizione a vedere in anteprima “Colette”, di Wash Westmoreland. Vale a dire un film “in costume” nel vero senso della parola, visto che racconta la meravigliosa Belle Epoque parigina attraverso la storia, verissima, di una protagonista iconica del tempo: la scrittrice, teatrante, provocatrice intellettuale Sidonie-Gabrielle Colette.
Colette, se vogliamo entrare subito nel suo spirito combattivo e ribelle, potrebbe definirsi la Madonna (cantante) del suo tempo. Con la differenza che a fine ottocento era un po’ più complicato affrontare convenzioni secolari, soprattutto in campo sessuale e di indipendenza femminile. Virginia Woolf e Vanessa Bell, siamo dalle parti del londinese Bloomsbury Group, sono già un riferimento più calzante, senza dimenticare poi che Colette veniva dalla campagna di Saint Sauveur, Borgogna, e non aveva l’imprinting culturale della grande capitale, Londra o Parigi che fosse.
Sposando per amore Willy, spregiudicato ed eccentrico protagonista della vita mondana parigina nonché incallito puttaniere, si rivela presto scrittrice di grande finezza, naturalmente dotata di un’ambigua vis erotica, inventando il personaggio di Claudine, alter ego della ragazza di campagna Colette. Ma è costretta a vivere all’ombra di Willy il quale le impone di lasciare a lui la firma e la gloria di romanzi che conquistano letteralmente la Parigi del tempo. Gelosia? Interesse economico? Stupido orgoglio maschilista? Probabilmente di tutto un po’, ma Willy non ne uscirà vincitore.
Il film, un godimento continuo dal punto di vista puramente estetico, ruota ovviamente intorno a una volonterosa Keira Kneightley, che però ancora una volta non dà l’impressione di avere le stigmate della grande attrice. Tant’è vero che lasciano il segno Dominic West nella parte del cialtrone di genio Willy, marito, mentore ed aguzzino di Colette, Denise Gough (nei panni maschili di Missy, protagonista sul palcoscenico di un famoso, scandaloso bacio lesbico tra lei e Colette) e anche Aysha Hart, che dà vita alla prorompente attrice Polaire, interprete teatrale del personaggio di Claudine, di cui si sente il fascino e quasi l’effluvio mediorientale.
Colette è morta nell’agosto del 1954, e sono contento di aver condiviso con lei almeno quattro mesi di permanenza su questa terra.

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