Anche allora, nel suo romanzo d’esordio “La metà di niente” (1997) c’era una famiglia, madre, padre e tre figli. Poi il padre una mattina, invece di recarsi in ufficio, sbatte la porta e se ne va per sempre, lasciando Rose alle prese con i ragazzi, i debiti, la dura lotta quotidiana per la sopravvivenza.
La scrittrice Catherine Dunne torna nella sua Dublino per parlare di un’altra famiglia, gli Emilianides che, scappati da Cipro nel ’74, trovano rifugio nella capitale irlandese. Come nel primo romanzo, i figli sono tre: Alexia la maggiore, poi Mitros, infine Melina, la più piccola. La vicenda si svolge nell’arco di una trentina d’anni, dal 1986 al 2017, con una sorta di corrispondenza spesso solo virtuale tra le due sorelle.
Dai ricordi più lontani di Melina che rievoca – bellissime le descrizioni – il giardino di casa, la lavanda profumata, i susini in fiore, l’aria pulita e frizzante e suo fratello Mitros, ancora bambino, bloccato sulla sedia a rotelle, il corpo molle e disarticolato e la mamma che gli prende la mano e lo invita a guardare “Come cade la luce”.
Con una scrittura piana ma raffinata – ottima la traduzione di Ada Arduini – la Dunne ordisce la trama del racconto in un gioco di rimandi temporali, in cui ad ogni tappa si scopre qualcosa in più. Attraverso la vita travagliata della famiglia, la scrittrice scolpisce le figure della madre – che fin nella pancia aveva amato quell’unico figlio maschio e poi adorato nonostante o forse a causa della sua disabilità; di Ari, il padre; della ribelle Alexia e di Melina, la più sensibile e malleabile. Accanto alle vicende degli Emilianides quella dell’Irlanda che tra il 2007 e il 2008 subì una pesantissima crisi finanziaria e sullo sfondo, dall’inizio alla fine, Cipro, la patria lontana, così chiassosa e calda e avvolgente rispetto all’atmosfera fredda – non solo per il clima instabile – dell’isola di Smeraldo. Oltre al padre e a Mitros, altri personaggi maschili sono fondamentali nello sviluppo della trama ma è come sempre a quelli femminili che la Dunne dedica le pagine più belle del romanzo.
Donne all’apparenza fragile e invece fortissime o viceversa. Ritratti sfaccettati di adolescenti inquiete o di donne mature, comunque alla ricerca di indipendenza – soprattutto – ma anche di amore e riscatto di sé. Oltre 300 pagine di lettura densa, di figure che restano dentro. Un libro che si chiude a malincuore, e non si vorrebbe mai smettere di sfogliare; Melina e Alexia avvertite come due sorelle, sulle cui esistenze ci si vorrebbe ancora soffermare, far coinvolgere, disvelare sentimenti e sensazioni che si sentono propri. Continuare a guardare insieme a loro come cade la luce.
La scrittrice Catherine Dunne torna nella sua Dublino per parlare di un’altra famiglia, gli Emilianides che, scappati da Cipro nel ’74, trovano rifugio nella capitale irlandese. Come nel primo romanzo, i figli sono tre: Alexia la maggiore, poi Mitros, infine Melina, la più piccola. La vicenda si svolge nell’arco di una trentina d’anni, dal 1986 al 2017, con una sorta di corrispondenza spesso solo virtuale tra le due sorelle.
Dai ricordi più lontani di Melina che rievoca – bellissime le descrizioni – il giardino di casa, la lavanda profumata, i susini in fiore, l’aria pulita e frizzante e suo fratello Mitros, ancora bambino, bloccato sulla sedia a rotelle, il corpo molle e disarticolato e la mamma che gli prende la mano e lo invita a guardare “Come cade la luce”.
Con una scrittura piana ma raffinata – ottima la traduzione di Ada Arduini – la Dunne ordisce la trama del racconto in un gioco di rimandi temporali, in cui ad ogni tappa si scopre qualcosa in più. Attraverso la vita travagliata della famiglia, la scrittrice scolpisce le figure della madre – che fin nella pancia aveva amato quell’unico figlio maschio e poi adorato nonostante o forse a causa della sua disabilità; di Ari, il padre; della ribelle Alexia e di Melina, la più sensibile e malleabile. Accanto alle vicende degli Emilianides quella dell’Irlanda che tra il 2007 e il 2008 subì una pesantissima crisi finanziaria e sullo sfondo, dall’inizio alla fine, Cipro, la patria lontana, così chiassosa e calda e avvolgente rispetto all’atmosfera fredda – non solo per il clima instabile – dell’isola di Smeraldo. Oltre al padre e a Mitros, altri personaggi maschili sono fondamentali nello sviluppo della trama ma è come sempre a quelli femminili che la Dunne dedica le pagine più belle del romanzo.
Donne all’apparenza fragile e invece fortissime o viceversa. Ritratti sfaccettati di adolescenti inquiete o di donne mature, comunque alla ricerca di indipendenza – soprattutto – ma anche di amore e riscatto di sé. Oltre 300 pagine di lettura densa, di figure che restano dentro. Un libro che si chiude a malincuore, e non si vorrebbe mai smettere di sfogliare; Melina e Alexia avvertite come due sorelle, sulle cui esistenze ci si vorrebbe ancora soffermare, far coinvolgere, disvelare sentimenti e sensazioni che si sentono propri. Continuare a guardare insieme a loro come cade la luce.
Come cade la luce di Catherine Dunne – Guanda 2018 – prezzo di copertina 18,90 € – disponibile in Ebook