Luci.
Tonde, oblunghe, alogene, a led. Sono ovunque, strozzate in confezioni stitiche, appese in bell’ordine a ganci da macellaio. Soldatini diafani codificati, prezzati, esposti. E ancora luce: dilatata, stavolta.
È neon. Un gas.
Di indole libera, imprigionato – giusto per caso – in infiniti, lunghissimi tubi lattei, ha un alito pervasivo, oleoso, logorante.
La filodiffusione s’intreccia all’insopportabile candore artificiale. La chiamano “radio”, ma è un disco, lo so per certo. Venti brani. Sempre gli stessi. Li riesco a contare anche nove volte al giorno mentre, appollaiata alla cassa, intontita dall’occhio di bue siberiano dell’air-conditioning, mi candido a testimonial della Findus. Indosso una polo scarlatta. Con le maniche inesorabilmente corte. Sulla schiena campeggia, ricamato in blu, il motto “Piacere di esserti utile!”.
Non è vero.
Ma mi scade l’assicurazione auto. Quindi, caro cliente-che-ha-sempre-ragione, te lo vendo volentieri, il sorriso. La vedi, la mia pistola laser? Sono invincibile. Un cavaliere Jedi. Se mi piaccia o meno, in fondo, è un’inezia a scadenza semestrale.
C’è anche Kayleigh dei Marillion, nella selezione della “radio”.
Una canzone cha amavo. Fino a quindici giorni fa.
Ora la detesto.
Almeno da un secolo.
Do you remember? You never understood I had to go…