Cormac McCarthy

Mentre i giusti sono impediti ad ogni passo dalla loro ignoranza del male, tutto è chiaro al male, sia la luce che l’ombra”.

Questa frase di Cormac McCarthy è per me il compendio delle sue opere. Chi è ignaro del male è preda facile. I personaggi dei suoi romanzi scoprono a proprie spese la necessità di perdere l’innocenza infantile, e di acquisire esperienza del male, se vogliono sopravvivere in questo mondo brutale. “Era un bene che Dio tenesse nascoste le verità della vita ai giovani che iniziavano i primi passi, altrimenti non avrebbero avuto cuore di iniziare affatto”.
Cormac McCarthy, recentemente scomparso, è il romanziere americano che ha ridefinito il genere western, il romanzo “Gotico del Sud”, il genere post-apocalittico. Del Guardiano del Frutteto, suo primo romanzo (1965) ambientato nel Tennessee, il New York Times scrisse: “Un altro discepolo di William Faulkner”, ma Cormac McCarthy è sempre sfuggito alle categorizzazioni, come pure alla notorietà e alle interviste. Nei successivi romanzi ambientati nel Sud (Il buio fuori, Figlio di Dio, Suttree) incontriamo il male, descritto con obiettività, quasi con freddezza, lasciando la parola a personaggi navigati, coi loro dialoghi laconici: “La legge morale è un’invenzione dell’umanità per deprivare il forte a vantaggio del debole”.
Con Meridiano di sangue (1985), Cormac McCarthy trasferisce l’azione nei deserti del West e con estremo realismo segue una banda di cacciatori di scalpi che uccidono, violentano, e saccheggiano le terre di confine del Sud-Ovest. Cormac smitizza la leggenda romantica dei cowboy tramandata dagli scrittori western.
McCarthy è rimasto pressoché sconosciuto fino a Cavalli selvaggi (1992). Il successo di questo primo libro della “Trilogia del Confine” è dovuto alla storia d’amore unita all’avventura messicana di due adolescenti (romanzo di formazione/iniziazione al male). “In Messico il male è una realtà distinta che marcia sulle proprie gambe”. Cavalli selvaggi vinse il National Book Award, e fu poi trasformato in film. “Ciò che è costante nella Storia è l’avidità e la stoltezza e un amore per il sangue che anche Dio sembra impotente a cambiare”.
Il sequel Oltre il confine è avvincente, immerso in paesaggi maestosi e violenti, e maestosamente descritti. Troviamo di nuovo il giovane Billy che, con suo fratello, fa tre viaggi in Messico, sotto un cielo assolato e indifferente. L’epica western è trasformata in Noir. Indimenticabile è l’apertura del romanzo con i lupi che danzano nella neve alla luce della luna, come pure la storia della lupa presa in una tagliola e trascinata da Billy, con grande rischio personale, fino alle montagne del Messico per liberarla nel suo mondo selvaggio, lontano dagli assassini. “Il lupo non si può conoscere. Né quel che il lupo sa. Come chiedere che cosa sanno le pietre. Gli alberi”.
“I suoi occhi erano molto azzurri e molto belli, quasi nascosti nelle giunture di cuoio della faccia. C’era qualcosa in loro che la durezza del paese non aveva potuto toccare”. Billy incontra una vecchia messicana. “Lei disse che la rivoluzione aveva sterminato tutti gli uomini veri del paese e lasciato solo i ‘tontos’”.
L’ultimo romanzo della trilogia, Città della pianura, mostra Billy invecchiato insieme al suo compagno di avventure Brady, che si innamora di una giovane prostituta messicana, epilettica. Insieme cercano di liberarla dal suo sfruttatore, ed è l’ennesima mission impossible, dopo la liberazione dei cavalli di Billy rubati dai messicani e la liberazione della lupa ferita sulle montagne di Chihuahua. La descrizione dei tramonti e delle albe nel deserto è ipnotica. Gli animali sembrano le uniche creature senza colpa, e sono descritti con un amore non concesso agli uomini. “Non esistono cavalli cattivi”.
Gli scrittori ammirati da McCarthy sono Melville, Dostoevskij e Faulkner. Riconosciamo in lui lo stesso stile “biblico”. “Ogni uomo è il cantore della propria esistenza. È così che si unisce al mondo”.
Quasi tutti abbiamo visto i film tratti dai suoi romanzi, come Non è un paese per vecchi, con Javier Bardem nei panni del killer psicopatico con la pistola ad aria compressa. Il vecchio sceriffo che lo insegue commenta: “Cosa si dice a uno che per sua stessa ammissione non ha l’anima?” Gli efferati omicidi si svolgono intorno al furto di una partita di stupefacenti. “Se tu fossi Satana e cercassi qualcosa con cui mettere in ginocchio la razza umana probabilmente inventeresti i narcotici”. Lo sceriffo è la bocca della verità. “Ci vuole molto poco per governare la brava gente. Ma la gente malvagia non può essere governata affatto”.
La strada ha ricevuto il premio Pulitzer (2007). È stato definito romanzo post-apocalittico. Padre e figlio attraversano un’America distrutta da un’esplosione nucleare o altra catastrofe innominata. La sopravvivenza del figlio è tutto ciò che conta per il padre, l’unica speranza di bontà e bellezza rimasta. “Vive in silenzio il dio che ha purgato questa terra con sale e cenere”.
Gli ultimi due romanzi, Il passeggero e Stella Maris, narrano di un fratello e una sorella (Bobby e Alicia) figli di un fisico nucleare coinvolto nella costruzione della bomba atomica. Il primo libro della duologia segue Bobby, tormentato dal fantasma del padre e dal misterioso suicidio della sorella. È stato definito un thriller terrificante e assoluto. Stephen King ha parlato del potere allucinatorio di Cormac. “C’è più saggezza nel dolore che nella vita”.
Il secondo e ultimo romanzo prende il nome dalla clinica psichiatrica in cui si fa internare Alicia, bella, intelligentissima e innamorata del fratello, che crede morto in incidente di auto da corsa. Le trascrizioni delle sedute col suo terapeuta svelano il mistero del suo suicidio. È il primo romanzo con protagonista femminile. McCarthy, in una rara intervista, aveva detto che nei suoi libri non erano descritti personaggi femminili importanti perché non si sentiva abbastanza competente in materia. Nel suo ultimo libro ci ha provato con Alicia, affrontando anche il tema estremo. È morto dopo la pubblicazione di Stella Maris. “Il cordoglio è la materia della vita.”
Che cosa mi piace tanto di questo scrittore? I paesaggi sublimi e spietati del West, e i personaggi spietati come il deserto che attraversano. McCarthy va al fondo della loro malvagità e ciò lo porta a riflessioni sulla vita e sulla natura umana che sono filosofiche, esistenziali, e illuminanti per il lettore. Attraverso l’esperienza del male, Cormac celebra la vita così com’è, con la sua crudeltà.
Ciò che più mi ha toccato, leggendo McCarthy, è il suo stile scarno, profetico. È più vicino alla poesia che alla prosa. Cormac sembra incapace di scrivere una frase noiosa, dice di lui il poeta Robert Hass. “I morti non possono ricambiare l’amore”. “Quelli che non possono ricordare il sangue della guerra sono sempre i più ardenti per la lotta”.

0 commenti su “Cormac McCarthy”

  1. Sono molto perplesso sull’asserito disvelamento, in Stella Maris, del mistero del suicidio di Alicia. Credo non che non esista il mistero, ma che non sussistano ragioni per spiegarlo. La morte di Alicia cioè ‘é’ soltanto. Avviene. Le cause e le spiegazioni possono anche esserci e far discutere, ma probabilmente non dicono nulla sul senso dei due romanzi e sembrano nascondersi al lettore nella dissolvenza di un pensiero tragico che tutto assorbe e neutralizza, condiviso tra Alicia e il suo creatore McCarthy.

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