Andate piano.
Da Modena a Fano è tutta pianura, prima la linea tesa della Via Emilia, freccia romana scoccata attraverso tutta la regione, poi l’Adriatica, giù, fino al morire del Montefeltro.
In mezzo, l’intera Romagna. Una tappa che si fa tutta a cinquanta all’ora. Ma voi andate piano, mi raccomando.
Lasciate tranquillo il vostro sangue tanto simile a sciroppo di ribes, fate rilassare le vostre cosce dal diametro che suscita l’invidia dell’intera delegazione di baobab della savana, giunta qui per una visita ai colleghi pioppi romagnoli. Non pedalate come ossessi a testa china, concentrati su gambe, battito, respiro. Mettetevi a venti all’ora e godetevi la Romagna.
A destra il profilo ondulato e azzurrino delle colline, a sinistra grano ancora verdissimo, poi il giallo dei girasoli e della colza, il bianco, il rosa, l’arancio dei frutteti. Inspirate a fondo, non per ossigenare un sangue già fitto di globuli come una strada di Tokio, ma per respirare il profumo dei fiori e dell’erba di maggio.
E quello della piada. La piada è il vero confine della Romagna: il primo chiosco di piadinaro vi fa dire “ci siamo”; l’ultimo ve la fa salutare. La piada, che si assottiglia sempre più andando da ovest a est, fino a diventare sulla costa un disco sottile, che pare pronto per essere scagliato in mare.
E arrivati lì, magari, fermatevi un po’, toglietevi le scarpette e godete della meravigliosa sensazione dei piedi sulla sabbia, fate due chiacchiere con un bagnino, o con i pensionati che, con l’acqua al ginocchio, raccolgono le vongole, sotto lo sguardo ironico dei gabbiani. Dopo, sì, magari negli ultimi due o tre chilometri, potrete scatenarvi; c’è la volata, lo spettacolo la impone. Ma sarete di certo tutti più contenti.
Andate piano. La strada è diritta e sicura. Non sono più i tempi dei briganti. Il Passator cortese non ruba più ai ricchi per dare ai poveri. Purtroppo.