Arriva l’estate e con essa Facebook diventa Feetbook. Foto di piedi ovunque: ormai è un fenomeno virale. Piedi stagliati contro la linea d’orizzonte, piedi su prue di barche, piedi puntati verso il cielo, piedi adagiati sull’erba, piedi romanticamente intrecciati sulla spiaggia, piedi che emergono dalla sabbia, piedi immersi in acque cristalline, piedi femminili maliziosi, smaltati con cura, piedi maschili dai talloni ruvidi e dagli alluci insolenti. All’ingresso nella home, alto rischio di alluci-nazioni olfattive.
La ragione precisa non si sa, né chi sia stato a dare il via a questa strana moda, ma di certo ha preso piede.
Non c’è la malizia del feticismo, per quello esistono siti appositi. Emerge più che altro un profondo senso di liberazione. Dopo aver passato l’inverno intrappolati negli uffici, nelle divise, nelle regole, nelle gerarchie, dopo un anno intero a farci mettere i piedi in testa e a tirarci la zappa sui piedi, d’estate li togliamo dalle scarpe e li sbattiamo in faccia al mondo, o almeno al web.
Anche d’inverno Facebook ci mostra foto di piedi, ma sono diversi, sono nell’esercizio delle loro funzioni. Sono piedi da aperitivo, da cena, da capodanno, spesso arrampicati su tacco dodici. Piedi sul piede di guerra. Se si spogliano, tuttalpiù è per guardare un po’ di televisione la sera sul divano. Il piede estivo è diverso: respira, ride, se ne frega.
Perché sono la parte più prigioniera di un corpo incarcerato diceva Erri De Luca nel suo Elogio dei piedi. E quando sono finalmente liberi, non resistiamo dal condividerli in rete, come facciamo ogni giorno con tante altre parti, più o meno nobili, di noi. Piedi rigorosamente nudi, meglio se staccati da terra, non sempre belli ma felici, per quel poco tempo che ci è concesso, prima del ritorno alle scarpe e ai doveri. Eppure la foto di un tramonto sul mare, di uno stormo di gabbiani in volo o di un ridente paesaggio di collina, non sarebbero immagini di libertà altrettanto efficaci, ma più gradevoli? Insomma, nulla di male in questo ped-estre divertimento, non vorrei essere ped-ante, ma è meglio se non stiamo troppo a guardarci l’ombelico, e nemmeno i piedi.
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