DUE TABELLE

La confusione è grande. Siamo disorientati, in ansia, e il prolungato isolamento deprime le nostre capacità cognitive. Siamo sommersi da numeri e incalzati da esperti che ci suggeriscono, ognuno a modo suo, la giusta chiave di lettura. Di questo passo, finirà per venir meno anche la nostra, incrollabile, fiducia nella scienza. Tamponi, contagiati asintomatici, con sintomi da influenza stagionale, terapie intensive e sub-intensive e così via. Restiamo in attesa del bollettino delle 18 con la stessa apprensione degli ascoltatori clandestini di Radio Londra. Ma poi leggiamo che in Italia, secondo l’autorevole Imperial College londinese, i contagiati Covid-19 sarebbero tra i 2 e i 15 milioni (1,5 nella sola Lombardia). Il professor Andrea Crisanti dell’Università di Padova, epidemiologo serio e ispiratore del ‘modello Veneto’, annuncia, senza mezzi termini, che i numeri che ci rifilano sono tutti sbagliati; un amico medico ci racconta di pazienti con evidenti sintomi da coronavirus che si rifiutano di fare il tampone – si capisce, da sempre l’appestato tenta di sfuggire al carro dei monatti.
L’ascolto della quotidiana conferenza stampa alla Protezione civile non aiuta, anzi. Assistiamo a una sfilata di esperti, ai quali qualcuno dovrebbe spiegare che il coronavirus, oltre ad essere assai aggressivo, è democratico; pertanto, hanno diritto di capire anche i molti milioni di analfabeti funzionali che pagano il canone e rischiano la loro pelle. Confesso di essermi perso quasi sempre nelle dotte e involute argomentazioni del professor Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità. Spesso non si danno risposte alle domande dei giornalisti, oppure, abilmente, si parla d’altro o, come ovvio, si spostano le responsabilità lungo la scala infinita e indefinita delle competenze burocratiche. Una brava giornalista per ben quattro sere ha cercato invano una risposta a una domanda fondamentale e in apparenza banale: quanti concittadini sono morti a casa, oppure in ospedale e nelle RSA? Qualcuno dovrebbe informare il dottor Borrelli che, nel certificato di morte, la prima cosa che il medico è tenuto per legge a specificare è il luogo del decesso e che questi dati sono trasmessi subito all’ufficio anagrafe dei Comuni.
Provo a ragionare sulle poche cose che paiono certe: i numeri dei morti e dei guariti Il motivo è semplice. Per entrambi ci troviamo di fronte a casi per i quali esiste una diagnosi certa di “malato affetto da Covid-19”. Sento già le obiezioni, ma lascerei ai novelli don Ferrante la disputa filosofica sui morti “con” o i morti “per”. I dati provengono dal Ministero della salute, sono gli stessi del bollettino delle 18. E questi dati ci dicono che da tre settimane abbiamo un andamento costante con un 55% di guariti e un 45% di morti (con un’oscillazione di più o meno due punti). Se poi andiamo sul sito di Wordometer (la tabella sotto il titolo), uno dei più autorevoli istituti di rilevazioni statistiche al mondo, scopriamo che l’Italia è affetta da una grave anomalia. Sì perché quel 55 a 45 diventa 72 a 28 per la Spagna, 70 a 30 per la Francia, 88 a 12 per la Svizzera e addirittura 95% di guariti e 5% di morti per la Germania. Sento già le obiezioni: sono dati inattendibili in quanto, con ogni probabilità, frutto di criteri diagnostici e protocolli sanitari diversi (evidentemente ognuno è libero di interpretare come vuole le disposizioni emanate dall’Organizzazione mondiale della sanità).
Comunque sia, resta per l’Italia un dato importante: da tempo, ogni 100 casi “risolti” abbiamo 55 persone guarite e 45 decedute. Questo e non altro dicono i dati ufficiali del Ministero della Salute.

Ma poi mi è capitato tra le mani questo recentissimo studio dell’Istituto Carlo Cattaneo di Bologna, che ha confrontato l’andamento dei decessi durante il mese di marzo 2020 con la media dei decessi, sempre in marzo, nel periodo 2015-2019. Senza entrare nei dettagli (chiunque può scaricare il pdf dal sito dell’Istituto), la conclusione è la seguente: “il numero di decessi riconducibili a coronavirus in Italia risulta il doppio di quello [comunicato] dalla Protezione civile”. E lo studio conclude che è ragionevole ritenere che tali “ulteriori” decessi “riguardino persone decedute in casa e sulle quali non è stato eseguito il test di positività”.
Un ultimo dato. La Federazione nazionale dell’ordine dei medici comunica che a venerdì 3 aprile è salito a 77 il numero dei medici morti in Italia a causa della pandemia di Coronavirus e che 10 mila sono i sanitari contagiati, tra cui 2000 medici.
Non vi pare che ce ne sia abbastanza perché se ne occupi il nostro Parlamento?

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