Esordio: a un odioso scultore francese 45enne gli si spara in testa il figlio 19enne proprio davanti agli occhi. E subito tu ti domandi come, con un padre simile, il ragazzo abbia aspettato tanto prima di escludersi dal mondo dei vivi. Lo stronzo ricco drogato e alcolista incontra in seguito una ragazza vomitante e fuori di cotenna, Gloria. Che si scopre essere l’amore del ragazzo morto. Poiché Gloria gli distrugge casa, Marc decide di tenerla a vivere con sé. Naturale, chi non lo farebbe? Poi si incontrano altri amici dello scultore, sgradevoli e tossici quanto lui. E anche convenzionali, stereotipati ed ex-rivoluzionari da strapazzo, come lui. Qua e là si conversa di scopate. Di gite in montagna. Di liquori e di sostanze varie. Davvero adorabili. Per farla breve, a metà del libro anche il lettore più bradipo già si augura che la fanciulla Gloria ammazzi tutti gli adulti con le peggiori tecniche splatter immaginabili, tipo CSI – per poi concludere, ça va sans dire, facendo fuori se stessa in un Whalalla di redenzione. E’ probabile che il francesissimo e borghesissimo romanzo finisca davvero così. Ma non ve lo dico per non togliervi la sorpresa.
In effetti devo confessare che si tratta di un bel testo, ben scritto e intrecciato con astuzia. Dove il male, il vuoto, la decadenza morale sono delineati con assoluta efficacia, ben servita da una splendida traduzione. Tagliente, essenziale come una lama d’acciaio. Senza una sbavatura. Non permette di distaccarsi dal disgusto verso i protagonisti neanche per un attimo di una lettura convulsa e senza fiato.
Vendette di Philippe Djian, Voland edizioni