Elogio degli invasati

 

All’inizio ti diverti, fai anche le foto e le posti su facebook. Che poi era meglio di no, se dovevi scoprire che ti hanno venduto per percoche delle normalissime pesche spiccalosso. Buone, però.
A un certo punto giuri, come ogni anno, che basta, non farai mai più marmellate, salse, pesche sciroppate e compagnia bella.
Ti fa male la schiena, hai le mani completamente tinte di viola e ci vorrà una settimana come minimo a farle ritornare umane, la cucina è tutta appiccicosa… e il caldo? Niente, al confronto la fucina di Vulcano doveva essere un’oasi di fresco.
Così ti lamenti un po’ e quelli che hanno proposto albicocche e susine, e te le hanno anche raccolte e portate, quelli che hanno vagheggiato con aria sognante di pesche sciroppate o fichi affogati nel rum, o fette biscottate spalmate di marmellata di succhelle; proprio quelli, che ormai hanno raggiunto il loro scopo perché stai facendo di tutto – ché sembri la Zuegg – , cominciano a dire che sei masochista, che loro mai, con questo caldo, ma come fai?

Fai che prendi, ad esempio, delle pesche belle sode e mature, le sbucci, le tagli a metà, le snoccioli e le metti ben strette nei vasetti lavati e sterilizzati. Sui vasetti ci sono stampate delle grosse pesche gialle. Anche la tovaglia da lavoro è di cotone giallo pesca. No, per dire.
Prepari lo sciroppo: per un litro d’acqua, 400 g di zucchero da sciogliere bene.
Lo fai bollire per qualche minuto e lo versi nei vasetti fino a coprire completamente le pesche.
Fai uscire le bolle d’aria agitandoli un po’, li chiudi ermeticamente e poi li disponi in una pentola alta, del tutto sommersi, e avvolti in uno strofinaccio che li separi uno dall’altro affinché non si urtino.
Li fai bollire per mezz’ora e poi, spento il fuoco, li lasci nella pentola a raffreddare.
Invasata come sei, anche le etichette le prepari a mano, con le penne colorate, tinte fluo.
Le pesche sciroppate della nonna Grazia. Niente data di confezionamento, avranno vita breve e felice.

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