La moquette rosa antico. L’immobilità di quella casa all’ultimo piano.
Il suono del citofono che precedeva l’arrivo dei pazienti. I passi nel corridoio. Le voci incerte prima di entrare nello studio. “L’altra volta ha dimenticato l’ombrello, glielo lascio qui.”
A volte, un rapido e sussurrato: “È arrivato un paziente”, rivolto a me, intenta a colorare i miei libri e a ignorare la ragione di tanto dovuto silenzio.
La totale concentrazione mentre scriveva a macchina (era importante, doveva “assolutamente” finire il libro in tempo).
Il timore che si potesse allontanare troppo da me, dentro pensieri difficili, pesanti.
I vestiti piegati sulla sedia, emersi dalla notte, intatti e identici alla sera prima.
Le mattine indimenticabili, in montagna; svegli, dentro un sogno di neve appena caduta.
Indefinibile e vibrante presenza-amore.
In margine (una nota)
Elvio Fachinelli (Luserna, 29 dicembre 1928 – Milano, 21 dicembre 1989), psichiatra, promotore della pedagogia non autoritaria, scrittore, traduttore di Freud, allievo di Cesare Musatti, è una delle figure centrali della psicoanalisi italiana negli anni ’60-’80. Ha scritto Claustrofilia, Il bambino dalle uova d’oro, La freccia ferma, La mente estatica, in cui descrive “il tempo espanso e fluttuante nell’immobilità” che caratterizza il fenomeno estatico, liquidato da Freud come misticismo. Adelphi, che pubblica le sue opere, ha da poco mandato in libreria Su Freud, un libretto smilzo e denso, in cui Fachinelli raccoglie e riassume le sue idee sul padre della psicoanalisi, restituendoci il ritratto di un grande affabulatore prima ancora che di uno scienziato. Curatrice delle opere di Fachinelli è sua figlia Giuditta (i due sono assieme nella foto), che aveva solo sei anni quando suo padre, appena sessantunenne, mancò. Per Ellerì, come in una piccola seduta psicoanalitica, ha scritto questi ricordi di bambina.