La Tradizione Medioevale:
Nel XIII secolo alcuni i monaci copisti raccontarono di un diavolo che, senza farsi vedere, raccoglieva tutti gli errori che loro commettevano durante il servizio religioso per riempirne un gran sacco e metterli in conto per il Giorno del Giudizio. Ma in realtà era lui ad usare tutte le sue arti per farli sbagliare e mietere tante vittime e per questo i monaci copisti lo elessero a patrono: ogni loro errore, così, sarebbe stato colpa del diavolo e non della loro ignoranza. Ma perché fare di una figura così oscura un punto di riferimento, come può essere un “patrono”? E se invece questo Titivillus facesse una fine diversa grazie a una eroina uscita dalla mia penna, Errina, la fatina dell’errore ?
Nel XIII secolo alcuni i monaci copisti raccontarono di un diavolo che, senza farsi vedere, raccoglieva tutti gli errori che loro commettevano durante il servizio religioso per riempirne un gran sacco e metterli in conto per il Giorno del Giudizio. Ma in realtà era lui ad usare tutte le sue arti per farli sbagliare e mietere tante vittime e per questo i monaci copisti lo elessero a patrono: ogni loro errore, così, sarebbe stato colpa del diavolo e non della loro ignoranza. Ma perché fare di una figura così oscura un punto di riferimento, come può essere un “patrono”? E se invece questo Titivillus facesse una fine diversa grazie a una eroina uscita dalla mia penna, Errina, la fatina dell’errore ?
La mia interpretazione:
Nel Regno del Mondo la fata Errina, con un grande zaino sulle spalle, si aggirava sorridendo e saltellando. Un giorno vide lungo la strada un carro pieno di paglia e un pover uomo che, affannato, cercava di contarne ogni filo. “Come farò, ripeteva tra le lacrime il poveretto, come farò a contarli tutti? Sono così tanti e ogni volta perdo il filo, il mio padrone me le darà di santa ragione quando gli consegnerò la merce senza indicarne la quantità. Ma contare la paglia è molto difficile, mi ci perdo sempre” Detto questo sentì nell’aria il numero trenta. Trenta? E’ mai possibile che ci siano soltanto trenta fili di paglia in tutto questo carico? Il povero uomo non poteva crederci ma era tanto stanco che si addormentò sul ciglio della strada. Ci avrebbe pensato il mattino dopo. La fatina che per errore aveva urlato quel numero che nulla c’entrava con i fili di paglia ma era soltanto il numero delle mosche sul muso del cavallo, capì che doveva riparare il suo errore: prese trenta spaghi, fece di tutta la paglia trenta fascine e le lasciò sul carro in bella vista. Poi si nascose nel carro e la mattina dopo, quando si svegliò, il contadino contò trenta fascine, proprio trenta! “Cosa mai sarà successo?”, si chiese l’uomo ma era tardi, doveva tornare veloce dal suo padrone che, altrimenti, lo avrebbe bastonato. E così si mise in cammino trasportando le fascine e, ben nascosta, anche la fatina Errina. Arrivato a destinazione, portò la merce al padrone e, quando lui gli chiese quanta fosse, l’uomo rispose “Trenta”! Il padrone, credendo che fosse così inetto da raccogliere ben poca legna, stava per prenderlo a botte ma poi contò i pezzi. Uno, due, tre..trenta! Il povero uomo aveva ragione e aveva inventato, grazie all’errore della fatina, un modo per trasportare tutta quella paglia, quelle poche fascine. Credendo che l’invenzione fosse del contadino e pensandolo intelligente, il padrone decise di dargli in sposa sua figlia. E venne il giorno del matrimonio, il contadino era tutto emozionato e nel palazzo del padrone si preparavano fiumi di vino e quintali di montone. La fatina, curiosa, andò di nascosto nella stanza della fanciulla e si nascoste dietro un paravento dove urtò il bel vestito giallo e verde della sposa e lo strappò. “Come farò, ripeteva tra le lacrime la donna, come farò ora a presentarmi alle nozze?” La fatina sarebbe volentieri morta lì sui due piedi, un errore così non avrebbe mai dovuto farlo. Sbagliava sempre a mettere i piedi per terra: prima quello sinistro e poi quello destro, si era detta più volte, eppure quella volta aveva messo prima a terra quello destra ed era inciampata proprio su vestito di nozze! Pensa e ripensa, scorse il lenzuolo bianco di lino nel letto disfatto e, non vista, lo allungò alla fanciulla che, disperata, se lo rigirò attorno al corpo ed andò a sposarsi. La fatina la seguì, nascosta in una cesta di rose e grande fu la sua sorpresa quando si accorse che tutti ammiravano quel lungo vestito bianco. Un sarto famoso che era tra gli invitati rimase stupito dalla bellezza di quell’abito di nozze e diede alla sposa un pacco di monete d’oro in cambio dell’esclusiva: avrebbe lanciato la moda dell’abito bianco per tutti i matrimoni del regno. La fatina, preoccupata per i suoi continui errori ma molto curiosa, decise di seguire il sarto nascosta nel suo cappello e, gira che ti rigira il mondo, arrivò davanti alla porta dell’Inferno dove, vedendo due diavoletti che si stavano avvicinando, si nascose dentro ad una giara. “Sta arrivando Titivillus, vediamo quanti errori ci ha portato questa volta!” Era molto abile a far sbagliare le persone e poi a condannarle all’inferno per i loro errori. La fatina Errina rimase nel suo nascondiglio e gli gridò: “ Quanti ne hai portati? Sono il Diavolo Guardiano, dimmi, quante persone hai fatto sbagliare questa volta e hai portato fin qui per farli bruciare nelle fiamme dell’Inferno?” “Trecentottanta”, rispose fiero Titivullus. “Bene, disse allora la fatina continuando a fare la voce grossa, mettili dentro alla giara e poi verrò a prelevarli”. Titivillus li gettò nella giara, convinto che fosse il Diavolo Guardiano a parlare, e se ne andò. La fatina allora li fece fuggire ad uno ad uno e li portò con sé sulla porta del Paradiso dove trovò un angelo “Sono tutte persone che hanno commesso qualche errore, le ho appena liberate dal diavolo Titivillus” disse Errina. “Bene, rispose l’angelo, finalmente! Da secoli non entrava qui più nessuno che avesse commesso qualche errore, ma solo tutte persone assolutamente perfette. Ora capisco! Gli altri, li rapiva tutti Titivillus! Per questo le giornate da tempo qui sono un gran noia. ”. Da quel giorno la fatina Errina si nasconde nella giara, rapisce i rapiti da Titivillus e li porta in Paradiso dove la vita è diventata una festa, finalmente popolato da persone capaci di compiere qualche errore, di riconoscerlo e di andare avanti, sempre più grandi, sempre più belli. E Titivillus? E’ sempre lì, sulla porta dell’Inferno, a parlare con un Diavolo Guardiano che in realtà non esiste. Un errore? Forse, e verrà il momento in cui per questo anche lui si guadagnerà finalmente le Porte del Paradiso.