Esenin di periferia

Latino e greco sulla provinciale
l’ora meridiana ha fatto dei miei occhi una fessura.
Svapora la stanchezza dell’ultima lezione
l’adesso è solo ora
il tremolio di un sogno visionario
ed affamato.
Arrivederci alla rivoluzione socialista
e al Dio vendicativo dell’antico testamento
al mondo rattrappito delle guerre partigiane
sempre ambivalenti da ogni parte le ammiri:
per chi muore la paura resta cieca
uguale sempre a quella della bestia bruta.
Gli eroi sono di carta patinata, anche fosse riciclata importerebbe poco
la storia ci mangia sotto il cielo delle stelle ancora vivi
ci appetisce come figli senza nome nel vuoto a piombo
sulla roccia, gherigli molli dentro ad una noce.
Arrivederci a tutti quelli di cui m’importa poco
la maggioranza silenziosa di ogni giorno
che ci sfiora nel tempo contingente che viviamo
troppo stretto per alcuni
per altri invece troppo lento, troppo desolato.
E poi, ancora buonanotte, buonanotte alla falce della luna
il poeta delle steppe mi perdoni
se per me il cielo commovente non sarà mai quello della patria.
Ho per lui l’amore del fratello che ammira la statura
del maggiore, del gigante che annegò il suo sogno di viaggiare
nell’acqua sporca e torva che cova dentro gli acquitrini
dove la speranza di chi soffre, di chi ha perso le parole risorge
forse dentro il fango di questa melma oscura.

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