La vite eterna

Anche quest’anno torneranno a cantare i fringuelli e ci sarà di nuovo aria di primavere. Allora io piangerò come la prima volta, quando furono i morsi di un asino a troncarmi, non ancora le forbici. Lascerò che mani attente mi affidino a buoni sostegni dandomi un verso e una guida per rinascere. Per un’altra estate elargirò le mie dolcezze, e sarò gravida e pesante. E infine le perderò nell’autunno incipiente, che mi cambierà di colore, segnando ancora, come dalla notte dei tempi, l’avvicendarsi delle stagioni che consumano la vita, senza ricambio. Si arrovellano, gli uomini, ora che hanno scoperto il mio segreto, e anno dopo anno ripetono gli stessi gesti, le loro stesse danze attorno a me. I vecchi le raccontano ai giovani, i giovani ci diventano vecchi nell’affinarne l’arte e l’incantesimo. Le loro vite si affollano in tutti i ricordi che le leggende mi cantano attorno, una vita sola delle loro non basterebbe a saperle tutte. Io, puntuale a ogni inverno, annunciato per gelare il mondo, rinnoverò invece il miracolo, restituendo agli uomini il nobile sangue di Cristo.
Perché io sono la vite, non si poteva cercarla altrove l’eternità.

Nota: molto tempo fa, a Ischia si attendeva il canto dei primi fringuelli per potare le viti.
Per questo, e per l’assonanza del verso, il fringuello era chiamato “Putì Putà”, potete potare. Antiche leggende narrano che l’uomo imparò a potare la vite vedendo un asino brucare i rami di una pianta selvatica, e quella rispose con un carico di grappoli mai visto.

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