EZIO BOSSO

Bosso. Non lo conoscevate? Su Google, sino a qualche anno fa, digitando Bosso+Musica vi avrebbero reindirizzato alla voce Buxus Sempervirens, ovvero un comune arbusto con cui in antichità si costruivano oboi, flauti e altri accessori per strumenti musicali. Se poi aveste approfondito la ricerca con le keywords Bosso+Malattie avreste scoperto i particolari funghi e insetti che gradiscono nutrirsi delle sue sempreverdi foglie. Dal 2016, invece, per intercessione di San-Remo, abbiamo scoperto sui motori di ricerca che Bosso era anche a great italian composer (ricerca di Google su cui troverete pure Peppino di Capri), residente a Londra, e che le sue malattie non sono parassiti delle piante bensì sindromi neuro degenerative senza appello come, purtroppo, è la SLA.

Se non siete habitués del Festival per antonomasia, su Rai 1, non avrete ancora capito che stiamo parlando dell’esibizione televisiva di Ezio Bosso: musicista e compositore italiano affetto da una grave malattia degenerativa che, nonostante la fama internazionale, era ancora sconosciuto ai più in patria prima della presenza su quel palcoscenico. Veniale ignoranza, persino Wikipedia, nel 2016, non citava Ezio Bosso nell’elenco dei nomi alla voce «Compositori di musica contemporanea» nonostante la lezione di musica che ci ha dato il presentatore Carlo Conti.

Destino amaro e ingiusto quando una grande dote artistica cede alle ingiurie della malattia. Ingiusto e comune, basti ricordare per esempio la cataratta di Monet o la sclerosi multipla di Jacqueline Du Pré, ma la musica non si preoccupa del corpo, nasce nella mente del compositore, esiste prima ancora di essere eseguita. Beethoven stesso compose la sua ultima sinfonia in piena sordità, eppure noi la riproduciamo generazione dopo generazione e, a ogni ascolto, riaccogliamo quel suo preciso pensiero che non può essere né imbalsamato né chiuso in nessuna teca. Analogamente, Ezio Bosso, dall’interno del suo fragile corpo, ci ha trasmesso il suo profondo pensiero permettendoci di conoscerlo oltre il tempo che la malattia gli ha concesso. Il superamento, in vita, di questa barriera lo ha reso, senza retorica, già di per sé un monumento.

È proprio vero che il bosso è un buon legno per “fare musica”!

Grazie Maestro.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto