Famiglie forti

Apertura sipario. La scena appare al pubblico.

È sera. Una lampada illumina fioca un tinello modesto. Tavola apparecchiata per due. Un bimbo, sul seggiolone, batte ritmicamente un cucchiaio sul bordo del piattino. In sottofondo, da un vecchio televisore, voci e suoni confusi.
Dalla porta di casa entra un uomo col viso segnato di fatica e ottusità. Toglie il giaccone e lo lascia cadere a terra. La moglie si precipita a raccoglierlo e lo ripiega deponendolo su una poltroncina. L’uomo sfila gli scarponi e li scalcia lontano. La donna si affretta a prenderli e a metterli in un angolo della stanza. Il marito si lascia cadere su una sedia accanto alla tavola. Ha fame. Non perde tempo a lavare le mani. La moglie serve la cena. Porge un piatto fumante all’uomo che inizia voracemente a mangiare, senza attendere che lei si serva e si sieda. Avvicina la forchetta alle labbra, addenta e mastica rumorosamente. Poi sputa nel piatto il boccone.

Marito: (seccato) “Le’na, questi pel’meni sono immangiabili!”
Moglie: (confusa) “Ma Mí’sha, avevi detto che arrivavi per le otto e ora sono le nove e un quarto: si sono sfatti a furia di cuocerli e riscaldarli!”
Ma: (alterato) “Le’nka, vuoi dire dunque che se tu cucini da schifo la colpa è mia?”
Mo: (balbettante) “Mishuu’tka, caro, non pensavo assolutam…” SCIAFF (le arriva una sberla sulla bocca)
Ma: (didascalico) “Lee’nochka, colombella mia, lo sai che non devi contraddirmi…” (intanto comincia a scrollarla per le spalle)
Mo: (voce impastata, il labbro sanguina e inizia a gonfiarsi) “Mii’shka, babbino caro, non oserei m…” SBAM (il marito le fa sbattere la testa contro il muro)

Il bambino inizia a piangere.

Ma: (infastidito) “Non senti il bambino? Fallo tacere, invece di star lì ad asciugarti il sangue!” (Scaglia il piattino del figlio a terra)
Mo: (stordita, sanguinante, prende in braccio il bimbo che singhiozza convulsamente) “Subito, caro, subito. Vieni Mitja, andiamo a nanna, tesorino dolce, non disturbiamo babbino, che è stanco e lavora per noi”
Ma: (parla a bocca piena, masticando con gusto i pel’meni che prima gli parevano immangiabili) “Brava, colombella, ricordatelo sempre: lavoro per voi e ho diritto a un pasto decente e a un po’ di tranquillità familiare”.

Alza il volume del televisore. Il pianto di madre e figlio si smorza dietro la porta chiusa della camera da letto. Finalmente, senza ulteriore disturbo, può ascoltare il notiziario:
Il presidente Putin ha firmato, dopo l’approvazione delle due camere della Duma, la legge che depenalizza alcune forme di violenza domestica, declassando da penali ad amministrativi i reati che riguardano le violenze commesse in famiglia e che causano lesioni considerate non gravi: nella logica della legge si tratta di quelle lesioni che non necessitino di cure ospedaliere o che non costringano la persona che le ha subite a chiedere un congedo dal lavoro. Già in precedenza, il Presidente si era espresso sulla precedente norma che puniva le violenze verso coniuge e figli: ‘Così si distruggono le famiglie. Meglio non esagerare con la punizione. Non fa bene’. Vyacheslav Volodin, il presidente della Duma, ha detto che questa nuova legge aiuterà a costruire famiglie forti. Del resto, si sa, la famiglia è un ambiente delicato dove bisogna risolvere le cose da sé”.

Ma: (compiaciuto, tra sé e sé) “Un grand’uomo il nostro Presidente. La nostra grande madre Russia ha a cuore i suoi figli!” (Rutta. Si abbiocca. Tace.)

Sipario.

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