Emanuele Fiano, esponente del PD, ebreo, il cui padre, deportato a Auschwitz e unico supersite della sua famiglia, porta ancora il numero tatuato sul braccio, ha presentato una nuova, molto particolareggiata, proposta di sanzioni alla propaganda fascista. Sulle prime ho pensato che fosse un poco eccessiva, che avesse dei lati non del tutto costituzionali e magari fosse il caso di modificarla. Ognuno ha il diritto di esprimere la propria opinione, in fondo…
Ma, a proposito di tatuaggi, preferisco raccontare un episodio. Tempo fa, allo stabilimento balneare che frequento da anni, avevano affittato un ombrellone due figuri uno col torace inneggiante a Hitler l’altro a Mussolini, uno con sul petto il ritratto di Julius Evola, per provare la sua cultura, e l’altro recante serpenti, spade, motti in caratteri gotici. Sono entrati nel bar orgogliosamente a torso nudo. Io sono stata solo male. Non mi sono indignata né arrabbiata, non ho urlato – solo ho provato dolore e paura. Avevo le lacrime agli occhi.
Però ho avuto il coraggio di fotografarli da vicino, anche se erano minacciosi. Poi ho anche preso a guardarmi intorno, per vedere se erano presenti alcuni dei miei molti amici ebrei, mi sono chiesta cosa avrebbero provato a trovare lì, nel posto di mare dove vengono da sempre, quella scritta: Waffen SS.
Certo, uno può tatuarsi quel che vuole, sul petto, sulla schiena, sulle braccia, anche sul sedere. Ma è giusto che abbia anche il diritto di mostrarsi in pubblico, ostentando questi simboli di odio e di morte, tra persone che possono soffrirne, personalmente, nell’anima?
Sono offese profonde, sono ferite non rimarginabili in un consesso civile. E voi che ne pensate?