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Fernanda Romagnoli e la poesia serratura della vita

            Oggetti

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I piccoli oggetti, i piccoli
amici-schiavi, che tirano
troppo in lungo la vita! Miei cari,
vi licenzio in tronco. È più dura
forse per me: ma chi monco,
chi gobbo, chi spelato da lebbra;
e il mazzo di chiavi risputato
da ogni serratura.

 

Gli ipocriti inermi! Bisbigliano
Aiuto, pietà.
E s’uncinano a tutti gli appigli,
a tutti i ricordi come labbra
s’attaccano, come vermi.

 

Giù nel sacco – un tonfo – coraggio!
Non sarà un lungo viaggio.
In cantina, il bel dormitorio.
Col teatrino dei topi, il tanfo
del vino, la grata
(tarlata) del parlatorio
per la piuma, per la foglia di passo.
Tra vecchi fratelli… Diciamo
che a noi padroni va peggio,
quand’è l’ora nostra… ma adesso
muoviamoci, andiamo.

 

“Oggetti” di Fernanda Romagnoli letta da Anna Toscano

 

Fernanda Romagnoli: una serie di libri oggi introvabili per una poetessa che con i suoi versi ha riservatamente attraversato il Novecento. Una poesia forte, energica, tosta la sua, benché camuffata con toni miti, un lessico talvolta obsoleto. Una voce fuori dal coro, da quel coro che inneggiava a mettere in versi il male del mondo e il male lì fuori nel mondo. Invece Romagnoli passa in rassegna il male del suo mondo, e lo fa con una perizia e una poeticità assoluta, rendendolo riconoscibile al lettore come il proprio mondo: un lessico curato, anche a distanza di molti anni, un lavoro sui versi, spesso endecasillabi, ma talvolta settenari, rime, assonanze, ossimori per una poesia sfacciatamente contemporanea a noi. Una poesia in cui compare il corpo nelle sua comparsa quotidiana, spesso affaticato dalla malattia, ma anche un corpo come involucro della ancora più affannata anima, che “talvolta, triste segugio, torna / a fiutare nel buio, e raspa e muògola / canti d’amore là dove fu la piaga.” Le stagioni sono una presenza confortante, paiono quasi un lasciapassare al prolungamento della vita. Persone, talvolta generiche, spesso appellate con un pronome, e la figlia; persone che vengono in sogno, i genitori, a far delle visite ”Vieni per dare o per chiedere?” m’affanno. / “È la medesima cosa”. E cose: oggetti del quotidiano che segnano il presente, marcano la vita in quanto risputano il passato uncinandosi al presente, il correlativo oggettivo di tutta una vita.

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Fernanda Romagnoli, Il tredicesimo invitato, a cura di Donatella BisuttiScheiwiller, Milano, 2003

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