Francia e informazione Stiamo ai numeri

 

Lunedì scorso, il 7 dicembre, il giorno dopo il primo turno delle regionali francesi, ho scritto questo tweet: “ Dopo attento esame penso che il FN non vincerà nessun ballottaggio regionale”. Chi vuole può facilmente controllare. Quando, ieri sera, è stato chiaro che le cose erano andate esattamente come avevo previsto, ho provato una comprensibile soddisfazione. Non tanto per ragioni politiche. Sì, anche quelle hanno un peso: ritrovarsi la Francia con un FN se non proprio dominante largamente prevalente, ad uno come me non avrebbe fatto piacere e – credo – la maggioranza dei miei concittadini ne avrebbe tratto motivi quanto meno di inquietudine.

Il motivo principale della mia soddisfazione nasce, però, da altro. Ho trovato conferma alla vera e propria insofferenza che mi suscita il modo di analizzare i fatti e di informare che oggi va per la maggiore. Lunedì scorso (ma è andata avanti nei giorni successivi) a leggere i giornali e ascoltare i tg Le Pen era padrona di Francia; solo una settimana e il frutto, ultramaturo, sarebbe caduto nelle sue mani. Mi sembrava di sentirlo, il brivido di eccitazione che percorreva le redazioni: “che bello, che bello! Finalmente avremo cose nuove di cui parlare e – forse – potremo vendere più copie”. Su scala enormemente più larga, la stessa sindrome che aveva fatto diventare un evento epocale la vittoria di M5S a Sedriano (chi vuole può vedere cosa ne ho scritto in questo blog).

Quando, tanti anni fa, ho cominciato a fare esperienza della politica, l’analisi del voto era una delle prove di base; un po’ come l’analisi logica a scuola. La prima regola era partire non dalle percentuali ma dal numero dei voti, cioè delle persone che avevano votato. Mi sono messo a cercare quei numeri, ma non li ho trovati su nessun quotidiano; fino a che, con testardaggine, sono entrato nel sito del ministero dell’interno francese (benedetto web!). Lì ho trovato quel che cercavo.

Domenica 6, al primo turno, avevano votato 22.609.335 francesi, la metà degli aventi diritto. Poco più di 17 milioni fra questi avevano scelto i tre partiti maggiori: nell’ordine il Front Nationale, l’Union de la droite, l’Union de la gauche. Il primo con 6 milioni circa aveva un milione più del terzo e 230.00 più del secondo. E gli altri 5 milioni e rotti (un quarto dei votanti) dov’erano finiti? Ecco una domanda alla quale non è possibile rispondere disponendo solo delle percentuali dei “grossi”. Quei cinque milioni li troviamo distribuiti fra liste minori: tre milioni abbondanti a liste di sinistra ed ecologiste di vario orientamento, quasi due a formazioni diversamente moderate e centriste che fanno comunque riferimento al centro-destra di Sarkozy; nessuno o quasi a liste di destra che potessero riversarsi, in tutto o in parte, sul FN nel secondo turno. Anche senza considerare l’aumento del numero dei votanti al secondo turno, che in Francia è fisiologico, già fra quelli che avevano votato domenica scorsa, la sinistra e il centro-destra disponevano di una riserva per una possibile espansione; il FN, invece, era solo.

Mi è tornato in mente il precedente di tredici anni fa, quando Le Pen padre superò il socialista Jospin e andò al ballottaggio con Chirac. Ho cercato i dati e ho verificato che nel secondo turno Le Pen prese 861.142 voti più che nel primo; Chirac passò da 5 a 25 milioni. Le elezioni varie che si sono svolte da allora, comprese le dipartimentali del marzo scorso, hanno sempre confermato la limitata capacità espansiva della destra estrema fra il primo e il secondo turno. A conferma di questa tendenza, ieri il FN ha preso 802.000 voti in più rispetto a una settimana prima; un numero identico a quello raggranellato da Le Pen padre nel 2002. Intanto, però, avevano votato quattro milioni di francesi in più.

L’unione di destra (Sarkozy per intenderci) ha incrementato i propri voti di 4.341.972, pari al 75% di quelli raccolti al primo turno; e la Gauche di Hollande e Valls ha registrato un più 2.243.772 con una crescita del 45%.

A vantaggio della Gauche si consideri che in tre regioni non ha partecipato per contrastare meglio i lepenisti e che quasi 750.000 voti sono andati anche nel secondo turno a liste diverse di sinistra.

Clamorosamente esemplare il risultato nel Nord-Pas de Calais-Picardie dove torneava Marine Le Pen in prima persona: ieri ha preso 106.627 in più di una settimana prima con un incremento dell’11,7%. Il suo competitor della scuderia Sarkozy, sommando i propri voti con tutti  quelli del candidato di sinistra – che si è ritirato – partiva da un plafond di 963.619; ieri sono diventati 1.389.340 con un incremento di 425.721: più 44,2% rispetto all’intero pacchetto “repubblicano” 2,5 volte il suo risultato del primo turno. Il signore titolare di questo exploit si chiama Bertrand, non Chirac.

Ecco perché mi sono convinto, come ho scritto, che il FN non sarebbe prevalso in nessuna regione. Non ci voleva molto. Politicamente non mi sfugge la forza dell’estrema destra francese, e mi sono chiari i problemi che ne scaturiscono; ma mi è sembrato abbastanza evidente che in Francia c’è una larga maggioranza (diciamo all’incirca due terzi) che non vuole governi del FN ed è decisa a contrastare col voto questa eventualità. Dal punto di vista informativo, anche dopo il voto di domenica 6 dicembre c’erano tutti gli elementi per non farsi prendere dal sabba dell’”inaudito” e per non trascinare i lettori in una deprimente girandola di stupidaggini. Spero che fra i cosiddetti “operatori dell’informazione” il numero di quelli che un po’ si vergognano e sono intenzionati a lavorare meglio possa crescere; in tempi non lunghissimi. Forse, così, si vende anche qualche copia in più.

 

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