La felicità non lo so se esista da sola.
Io la frequento ogni tanto,
una lontana parente che vive in un’altra famiglia
un altro destino, un’altra regione.
Mi rassicura saperla accudita,
sapere che anche di notte
può chiedere aiuto
oppure, se occorre
anche l’ora.
Non credo nemmeno
si sia mai sposata.
Faccio l’ andata e il ritorno,
pago ogni volta il biglietto,
non è una vacanza,
giustifico sempre l’assenza.
Dietro insistenza
pago anche la multa.
Dimentico sempre qualcosa
nel passaggio diverso tra case,
ritrovo nell’una
ciò che meno importa nell’ altra,
così, quando capisco
sussulto.
È già troppo tardi,
non so rimediare.
In treno ho sia il fuori che il dentro
da attraversare.
Guardo le facce e i vestiti degli altri,
vedo le luci delle case passare.
Sono tante le vite che un altro
al nostro posto
ha occupato nel tempo.
Sono anche un pochino sereno
e smarrito
se scendendo dal treno posso pensare,
al di là del non senso che hanno
le tasse, gli impegni ogni giorno
che scandiscono l’ora
e fanno del mondo saccente
una straniera illusione,
che dovunque io vada
dopotutto
riconosca ancora chi sono.
E al di là degli specchi,
ricordi sempre chi amo.