Mi chiamo Grace, ho cinquantadue anni e sto morendo. Ieri ero in macchina, con mia figlia accanto, sospesa sulle rocce di un burrone. Oggi sono in un letto d’ospedale, con una macchina accanto, sospesa fra il non vivere e il morire. Ieri avevo un abito di gala disteso sul sedile posteriore della mia Rover 3500. Oggi ho addosso una camicia bianca che mi dà già l’aspetto di un fantasma. Quand’ero giovane facevo l’attrice. Su quella strada ho girato la scena di un film. Accanto a me non c’era mia figlia, c’era Cary Grant. Lui fingeva di avere paura. Io acceleravo, frenavo, acceleravo. Sfioravo con le ruote muretti e dirupi. E lui faceva finta di reggersi al cruscotto, afferrarsi le ginocchia con le mani. Ma noi eravamo fermi in uno studio, dietro di noi correva un rullo di pellicola: la strada finta di una storia finta. Quella di ieri era una strada vera, non sono più un’attrice, sono una principessa. Ero una principessa. Ero Grace Patricia Kelly. Mi piaceva guidare l’automobile. Sfioravo con le ruote gli strapiombi. Acceleravo, frenavo, acceleravo. Acceleravo, acceleravo, acceleravo…
Grace Patricia Kelly, in Grimaldi.
Filadelfia, 12 novembre 1929 – Cap-d’Ail, 14 settembre 1982