Gaza, capelli e libertà

 

Gaza. Il ragazzo viene tirato su un furgone della polizia di Hamas e rasato a zero. I suoi capelli lunghi offendono la morale pubblica. Viene in mente il Discorso dei capelli*, di Pier Paolo Pasolini: i capelli lunghi parlano, all’inizio, un linguaggio nuovo, sono di sinistra, poi vengono assorbiti dalla cultura di massa e trasformati in moda, diventano di destra. Senza nulla di nuovo da dire.
I capelli del ragazzo di Gaza dicevano qualcosa di nuovo? Qualcosa di così nuovo e pericoloso che la politica, e il suo braccio armato, l’ha voluto cancellare? Seguendo Pasolini, si pensa anche l’opposto. Il ragazzo dice cose risapute, i capelli esprimono l’omologazione a un modello preconfezionato, assorbito con le antenne paraboliche o le connessioni internet. Vero? Forse. Ma sullo sfondo resta il fantasma della libertà. Noi possiamo arrivare alle estreme conclusioni perché siamo liberi. Ma i ragazzi di Gaza? In nome di cosa gli viene proibito di essere manichini del pensiero di massa? In nome di una libertà più alta? La libertà non cresce sotto teste rasate a forza, ma all’ombra di capelli, corti o lunghi, capaci di dire qualcosa.

 

*Pier Paolo Pasolini, Il discorso dei capelli, Scritti corsari, Garzanti, 1975. Pubblicato per la prima volta il 7 gennaio 1973, sul Corriere della sera, con il titolo Contro i capelli lunghi.

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