Genova e Napoli, città sorelle

Sono la città più meridionale del nord, e la più settentrionale del sud. Da Vico chiuso della Rana a via Speranzella non c’è distanza. Ci sono gli stessi bassi, poco sole e odore di mare. Piccole salite che si arrugano in gradoni, strade scivolose, talvolta sporche, lo stesso paesaggio di case strette tra le colline. Due lingue diverse da tutte le altre d’Italia, lingue che sanno cantare, pensare in musica. Entrambe convivono con la fatalità, che sia di pioggia o terremoto, eruzione o straripamento. Porti di arrivi e partenze, di bastimenti per terre assai lontane. Città di nostalgie mai tristi, una saudade declinata in italiano. Emigranti che sono partiti insieme a fondare il dialetto di Buenos Aires, che non è altro che un genovese partenopeo. La scena riprodotta sul gonfalone di Genova, con San Giorgio che ammazza il drago, si trova uguale uguale nella Basilica di San Giorgio maggiore a Via Duomo. Sono città femmine, madri e bagasce, spontaneamente anarchiche. Lo stesso orgoglio, perché la Storia è passata da qui. Sono città aperte, strette e lunghe. Lo straniero che viene dal mare impara il dialetto, non viene mandato via. Uno dei piatti più famosi della gastronomia napoletana si chiama “genovese”. A Genova fanno il limoncello. Case colorate che si specchiano sul mare, cartoline uscite dalla stessa stamperia, e non sai se è Boccadasse o Mergellina. Due città che non potevano non essere sorelle. La stessa ironia di chi si riconosce, si prende in giro e poi si abbraccia. Che poi alla fine, c’è solo un lunghissimo lungomare, che inizia a Voltri e arriva a Sorrento.

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