Bruttina stagionata, divorziata da anni, con due figli adulti che non rispondono al telefono e un vicino isterico che la tiene sveglia tutta notte. Gloria ama la musica sentimentale e i locali da ballo. Tra un lento e l’altro conosce Rodolfo, signore attempato, separato anche lui. Tra i due nasce un rapporto altalenante, di passione e incomprensione, grande tenerezza e malumori repentini. La vita è stata avara con Gloria, un’esistenza rassegnata a sacrificare se stessa all’egoismo dell’ex marito e all’inquietudine dei figli, turbati dall’abbandono del padre. Come tutte le donne sole è abituata a farsi carico dei problemi degli altri, badando poco a se stessa. La relazione con Rodolfo fa scattare la voglia di uscire dai soliti binari. Nonostante l’età, i due fanno sesso sfrenato, lei che strappa a lui il cinto erniario con una mossa da nove settimane e mezzo è da antologia. Gloria, che quando sorride fa dimenticare le sue imperfezioni, si butta nella nuova avventura con l’entusiasmo e l’incoscienza di un’adolescente e, anche se la fine della storia è dietro l’angolo, non si farà abbattere. Quando balla e canta, nello sfrenato finale, l’omonimo brano di Umberto Tozzi, incarna la riscossa di tutte le donne di #unacertaetà che decidono di non farsi abbattere dalla vita.
Gloria (Cile-Spagna 2013), un film generazionale, divertente e toccante, con una strepitosa Paulina Garcia, Orso d’Argento al festival di Berlino. Da vedere.