Impossibile negare che l’effetto nostalgia anni ’90 abbia buona parte del successo di questa serie. La mia generazione attraversava l’adolescenza ed è arrivata alla maturità (e ben oltre) con le canzoni registrate su cassetta degli 883.
Ma – a mio parere – a tenerti incollato/a per sei episodi e in spasmodica attesa dei prossimi, sono i due giovani e bravissimi attori.
Poco più che ventenni, risultano del tutto credibili, e riconosci subito il modo di parlare, l’atteggiamento, la mimica facciale dei personaggi che interpretano. Mood allineato agli originali e una forte sinergia, mixata da scambi di battuta e tempi comici perfetti.
Funziona bene anche la forma di racconto sarcastico in prima persona, che scivola tra le giornate e le avventure concatenate al millimetro, talmente verosimili da domandarti: ma sarà andata così?
Non so se Max consegnasse i fiori alla De Filippi che, però, si è davvero laureata in legge all’Università di Pavia. L’ho frequentata anch’io forse un decennio dopo, e – posso garantire senza timore di smentita – che i professori non ti regalavano un voto (come invece accade a Mauro nella serie) manco se piangevi in cinese.
Ecco, Fiorello rivisitato appare un po’ bassino e senza cappotto giallo, ma tant’è.
Qualcuno ha storto il naso sull’episodio di Einstein, ma – personalmente – non ho le velleità intellettuali per scandalizzarmene. Aveva un link con la città ed è stato semplicemente utilizzato. Un rimando troppo altisonante? E chi se ne frega!
Ma ciò di cui in molti ci siamo stupiti e quasi sollevati, ne sono certa, è che Mauro risulti dalla narrazione un personaggio mitico, forse la mente del duo, di certo l’ispiratore, l’amico ottimista e un po’ matto, di cui tutti avremmo avuto bisogno a 20 anni (ma anche dopo). Nessuno sa se davvero Mauro se ne sia andato perché non aveva un ruolo, perché voleva incontrare la modella del video, oppure perché inseguiva il sogno americano… di certo – se è vero che la serie è basata esclusivamente sui racconti di Max – se il cantante lo ha descritto e fatto realizzare nella sua migliore versione, o magari ha voluto rendergli il merito che per 30 anni si è goduto (volente o nolente) da solo.
Per me è da vedere, per il voto fate voi, ma alto!
Manuela, m’é piaciuta molto la tua recensione che rispecchia il movente principale del successo della serie, la nostalgia struggente di gioventù. Per altro, mi par possa aggiungersi una narrazione, non per caso, capace di abbracciare un tempo anche più ampio dei soli ’90s . Forse i ventenni di quel decennio, per alcuni aspetti – a parte l’impegno politico – in effetti, non erano molto diversi da quelli del decennio precedente, come me, della metà dei ’70s, e del profondo SUD, credo in ragione della persistenza di caratteri culturali e sociali della provincia italiana, condivisi. ovunque. E, questi, l’intuizione e il pregio ulteriore, a mio avviso della serie, con la quale, in tutta evidenza, si é inteso, sapientemente, far leva – per estendere la nicchia di immedesimazione e ricordo, ovvero, d’interesse – su tratti, soprattutto familiari, propri di un più ampio range temporale. Penso alla invadenza della mamma e del papà di Max, alla gelosia lacrimosa del fidanzatino, al maltrattamento datoriale dell’artista /commesso, al tabù sessuale, qua e là emergente, tuttora vivo, e così via.
Ed ecco che anche un vegliardo, alla soglia dei 75, ne é stato coinvolto appieno, rivivendo, con attendibile evocazione, e ritrovando, in quelle immagini, cimenti musicali, follie in moto ed auto, e l’amore travolgente e casto, per un’altra Silvia e le avventure con un altro amico Max per la pelle e più giudizioso.
👍