Baffino, a noi donne e uomini d’animo comunista, ci aveva incantati. Tutte e tutti figli d’un dio minore, ci sentivamo, e pur di vederlo ai fornelli a mantecar risotti, anche Vespa ci sorbivamo. Credevamo in lui, nel leader Maximo, primo figlio del Pci a presiedere Palazzo Chigi. E non c’importava della vela, dei mocassini fatti a mano, della casa vip ad affitto popolare, delle crostate, delle bicamerali, dei patti sopra e sotto il banco. Noi che Botteghe Oscure ci aveva insegnato tutto, che militavamo nella Fgci a sedici anni, che da sempre avevamo preferito lui a Uolter, eravamo pronti al compromesso.
Ancora ti amavamo. Ad onta dell’aura spocchiosa che già ti circondava. Ma poi, compagno D’Alema, sono venute le onorificenze pontificie, Mediaset definita risorsa del paese, la Lega costola della sinistra. Un po’ difficili da digerire. E nonostante te stesso e gli annunciati propositi di ritiro, sei sempre lì. Il partito ex-pci-pidiesse-diesse ora piddì era sempre di riffa o di raffa nelle tue mani. Sempre più gradito a destra e poco a manca, sognavi un Paese normale. Sapessi noi, Presidente D’Alema!
(Massimo D’Alema – 20 aprile 1949)