L’ultima manovra dell’assemblea regionale siciliana è diventata, per la prima volta, un caso nazionale.
Al netto di chi è sbarcato ieri da Marte, le novità non sono certamente i soliti contributi a pioggia ma due aspetti che dovrebbero far riflettere gli elettori di tutti gli schieramenti.
Il primo è legato alla suddivisione dei fondi: cento milioni distribuiti ad ogni singolo parlamentare regionale nel rispetto del rapporto tra maggioranza e opposizione, da fare invidia al mitico manuale Cencelli, un cadeau di fine anno da investire nel proprio collegio elettorale a favore di comuni, parrocchie, fondazioni, scuole e così via, che ha permesso, dopo oltre vent’anni, di approvare la manovra entro il 31 Dicembre, record immediatamente rivendicato dal Presidente Schifani e dalla sua maggioranza.
Come anticipato, quella dei contributi a pioggia è una triste usanza che, sin dall’alba della Repubblica, non ha risparmiato parlamenti e consigli regionali, come quello nazionale. Ciò che arriva per la prima volta da questa manovra è l’idea che una parte delle risorse disponibili rappresentino quasi un’estensione della diaria spettante a ciascun parlamentare, da investire sul proprio territorio e, così, rafforzare il proprio consenso personale. Se questa diventasse la prassi, si accrescerebbero in modo esponenziale le disuguaglianze a vantaggio di comuni, parrocchie, fondazioni e addirittura scuole, che hanno il santo in paradiso, o meglio all’Ars. Una simile politica riporterebbe la Sicilia al feudalesimo, ben prima dell’era dei famosi gattopardi, timore talmente fondato da suscitare l’attenzione e lo sdegno dell’opinione pubblica nazionale oltre che siciliana. Tuttavia, non sembra che lo scalpore suscitato abbia minimamente scalfito l’atteggiamento dei parlamentari regionali che, al contrario, hanno rivendicato a mezzo social il proprio “impegno”; e qui arriva il secondo aspetto da approfondire.
Ciò che stupisce, infatti, è la spavalderia con cui alcuni deputati regionali (in Sicilia si chiamano così) hanno rivendicato le proprie conquiste, con tanto di elenco di comuni sostenuti e, soprattutto, di ringraziamenti pubblici ad personam da parte di sindaci e addirittura siti ufficiali dei comuni destinatari dei fondi, come ad esaltare il fatto di essere dei privilegiati perché all’interno di qualche cerchietto magico. Pazienza se ci sono comuni quasi in dissesto abbandonati al proprio destino e, con loro, gli sfortunati cittadini e sindaci che non cercano sponsor regionali, o se in Sicilia, su tanti fronti, a partire dalla siccità, non si parla più di emergenza ma di ordinaria amministrazione, oltre alla mancata introduzione di quelle riforme, vedi l’introduzione dello psicologo scolastico in un momento in cui il disagio giovanile arriva a conseguenze estreme, per le quali basterebbe un decimo delle somme elargite ai singoli parlamentari.
In questo quadro sconfortante verrebbe da pensare che è logico che a votare vada meno della metà degli elettori, quelli che forse vorrebbero dalla politica riforme e innovazione prima che pannicelli caldi su gentile concessione, fermo restando che l’Aventino, nella storia, non ha certamente portato rivoluzioni democratiche ma, al contrario, la definitiva consacrazione di oligarchie e dittature.
Resta la speranza che il clamore suscitato da questo “salto di qualità” nella spartizione dei fondi pubblici smuova le coscienze dei siciliani e porti ad una pressione sui vari eletti in grado di riportare in politica, se non il senso del bene comune, quantomeno il pudore istituzionale e la paura di perdere consensi.
In caso contrario, se anche questa ennesima ostentazione di potere passasse in cavalleria, non potremmo più lamentarci di essere trattati come caproni di Sicilia.
Clientelismo Istituzioni Regione Sicilia
È una Vergogna! Siciliani, italiani S V E G L I A!! RIB*ELLIA*MOCI !
Questa manovra è il sintomo del decadimento dell’attuale classe politica, composta da satrapi e feudatari, foraggiati da clientes omaggianti ed ossequianti, soddisfatti di essere servi di quelli che dovrebbero essere coloro che perseguono il bene pubblico. In sintesi, si tratta di una democrazia malata e mai cresciuta.