I mobili

Faceva scivolare lentamente il dito sul piano di marmo liscio e freddo della consolle, come se con quel contatto scorresse una pellicola immaginaria che si srotolava rivelando i suoi segreti. Accarezzava i contorni degli oggetti perché ne rimanesse sulla sua pelle l’anima, il calore, le asperità.
Immaginava la figura snella ed elegante del nonno, che non aveva mai conosciuto e che aveva visto solo in qualche vecchia foto color seppia, attraversare il salone sul folto tappeto persiano. Lo vedeva sedersi sulla poltrona liberty di velluto rosso col giornale in mano, mentre la nonna apparecchiava il lungo tavolo per il pranzo della numerosa famiglia, lisciando con la mano la tovaglia ricamata a mano dalle suore.
Prendeva dalla credenza ottocentesca piatti, brocche, bicchieri e posate d’argento e li deponeva con delicatezza uno ad uno, gli stessi che aveva ereditato e che aveva custodito con cura. Aveva passato anni a lavare, spolverare e a lucidare gli oggetti che raccontavano storie antiche in parte arrivate fino a lei, mentre fantasticava ricordando nomi di persone mai conosciute…
Ne sentiva i profumi, lo struscio delle vesti, le voci raccontare di nascite, matrimoni, lutti, risa e pianti di bambini, gioie e dolori. Il legno aveva assorbito l’odore di quei corpi che avevano vissuto nelle varie case dove erano stati spostati, e conservavano ancora incastrati nelle fessure di cassetti ganci di orecchini d’oro, qualche dente di pettine di tartaruga, filamenti di ventaglio cinese, sfilacci di macramè…
Spostava lo sguardo intorno, sul divanetto di paglia di Vienna, sui cuscini arabescati, sui quadri di paesaggi, ritratti e dipinti su sete giapponesi, sui libri e sculture esotiche, per imprimersi nella mente tutti i dettagli di quanto le era appartenuto…
Il rumore di passi pesanti degli uomini che arrancavano sulle antiche scale la distolse improvvisamente e cominciò a indietreggiare verso l’uscita…
La prima cosa che quelle braccia rudi afferrarono fu la poltrona del nonno… ma lei si voltò e fuggì piangendo prima che la sollevassero…

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