Polonia, primi anni ’60. Anna, giovane novizia, sta per prendere i voti. Poco prima del sacramento, la madre superiora la invita a far visita a una parente, di cui Anna ignorava l’esistenza. Orfana, è stata infatti allevata dalle suore del convento. Con il velo che le copre i capelli, il cappottino stretto, le calze di lana e la valigia di cartone, Anna arriva dalla zia Wanda, a Varsavia. Wanda, zia per parte di madre, è donna disinvolta; fuma, beve, ha molti amanti, porta tacchi altissimi e giri di perle al collo. L’accoglienza è fredda. Senza troppe cerimonie, la zia rivela ad Anna la propria origine ebraica. I suoi genitori, morti in modo oscuro durante la guerra, non si sa nemmeno dove siano sepolti. In una Polonia triste e soffocante, grigia di socialismo reale, Wanda e Ida – questo il vero nome di Anna – intraprendono un viaggio alla ricerca delle spoglie dei parenti. Un viaggio che costringerà l’una e l’altra a fare i conti con il proprio passato. Due figure, Ida e Wanda, fragili e forti, divise in tutto. L’una sorretta dalla fede, timida e determinata, dolce e bellissima sotto i panni monacali che non riescono a mortificarne l’avvenenza. L’altra, membro della resistenza contro l’occupazione nazista ed esponente del partito, giudice inflessibile, col viso segnato dagli eccessi e da una vita dissipata. Alla fine, entrambe troveranno la propria strada. Ciascuna a suo modo, seppelliranno il passato. Girato in bianco e nero con una fotografia che incanta, dialoghi rarefatti e due attrici straordinarie, i cui volti sono impossibili da dimenticare, Ida (Polonia 2013), diretto da Pawel Pawlikowski, è un film civile e memorabile, affilato e doloroso come una lama, che racconta la Storia attraverso le storie piccole ma uniche dei suoi protagonisti.
Film candidato al Golden Globes 2015