Il catalogo

L’ho sollevato con una certa fatica, lasciandolo scivolare dall’ultimo ripiano dell’armadio, nascosto tra una pila di coperte e una vecchia borsa da mare. Non ricordavo fosse così pesante e l’ho sfogliato: senza nostalgia, ma con l’idea di ridere di me, non avendo alcuna voglia di ridere degli altri; così, un po’ per vezzo di narcisismo che, a una certa età, diventa la maschera della pietà che, per primi, dobbiamo a noi stessi.
Il catalogo degli amori impossibili conta molte pagine, ma ogni catalogo per sua natura deve seguire un ordine, che sia cronologico – il che consente di tracciare una parabola, un diagramma delle tue fantasie e delle tue disillusioni che finisce per essere il tuo ritratto spiccicato – o anche solo alfabetico, caso in cui prevale la mera ragione elencativa.
Ci sono vecchie fotografie – alcune senza didascalia – spesso solo nomi; perché basta un nome a evocare un mondo di struggimenti e di follie, e qualche volta anche solo un colore, quel colore che per alcuni giorni, mesi o anni fu il filtro ingannevole con cui guardasti il mondo.
A differenza del più famoso catalogo di Leporello, che è l’elenco delle infedeltà, il catalogo degli amori impossibili è un compendio di virtù, perché un amore impossibile, per essere tale, pretende devozione, non la semplice fedeltà.
Oggi tra un sorriso e un magone, a un certo punto ho ritrovato il tuo tra gli altri nomi e mi si è gelato il sangue. Poi ho visto che c’erano ancora altre pagine, bianche, immacolate, vuote: ho chiuso il libro e ho riso di cuore.

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