I vivi, i morti, il sole e il mare. Un cristiano e un ebreo osservano incantati.
Lo vedi lì, a metà strada, lungo il pendio? Guarda bene, c’è della vegetazione; ecco, lì in mezzo ci sono le tombe. È il cimitero vecchio, le tombe sono distribuite tra le piante, assolutamente in modo casuale, risalgono ai primi anni del Novecento. Poi nel tempo ne hanno organizzato un altro più in basso, verso il mare, ma quello vecchio è rimasto lassù, indisturbato nel suo silenzio, esposto al vento e al sole e ai profumi del mediterraneo.
Che meraviglia! Sotto il vulcano che brontola giorno e notte e davanti al mare! Immerso solamente nella natura incontaminata. Di fronte c’è il blu dell’acqua da cui emerge il vulcano spento di Strombolicchio, oggi un isolotto roccioso; lungo la costa si snocciola la distesa disordinata delle case bianche eoliane interrotta solo dalle piante di limoni e di aranci carichi prima di fiori poi di frutti. Uno spettacolo!
Neanche i gitanti che arrancano per raggiungere il cratere disturbano, fanno solo allegria. Tutti sudati e ansimanti, portano con sé quel senso della fatica di vivere, che non disturba più i morti, anzi, loro, i defunti, benevoli ti incoraggiano a godertela questa salita, questa illusoria conquista del vulcano.
«Poverini», pensano «il vulcano è come un pachiderma o un drago e non è conquistabile. Se decide di sputare il suo fuoco e di dare uno scossone rimette tutti al proprio posto e fa ordine. Zitti!! Indietro e fermi ora!». Ma cosa ci sarebbe di più bello che essere seppelliti lì? Quale altro luogo migliore di questo?
Certo bisognerebbe avere un permesso, da ebreo non puoi finire in un cimitero non ebraico, un rabbino dovrebbe fare in modo che la terra fosse consacrata, rispettare tutti i riti e le regole, insomma sì, sarebbe complicato.
E ne varrebbe la pena?
Ma che domande! E certo, altrimenti che si vive a fare?