«Lei crede nel destino o pensa, come tutti, che il caos è generato e genera mere coincidenze?»
«Scusi?»
«Destino o coincidenze?»
«Possono coesistere entrambi. Cioè la coincidenza può essere predeterminata da una volontà superiore all’uomo. Non le pare?»
«In effetti, non ci avevo pensato. A ogni modo, non le pare invece incredibile che, da quando, una settimana fa, ci siamo scontrati mentre lei usciva da un portone, e quasi mi cavava un occhio aprendo l’ombrello, ora c’incontriamo tutti i giorni, in luoghi diversi, in orari diversi, in circostanze diverse?»
«Cosa vuole che le dica? A lei dispiace?»
«No, ovviamente, altrimenti non l’avrei fermata per farle notare la stranezza»
«Ecco, appunto, lei ha notato. Mi ha notato perché sono giovane, non ho neppure 27 anni, e, lo dico senza alcuna modestia, sono bella. I miei capelli ricci, neri come gli occhi profondi, il sorriso perfetto, il fisico asciutto e proporzionato come l’altezza che consente anche a uno non gigante come lei di notarmi. Ma se fossi stata una vecchina ultraottantenne, che trascina e viene trascinata dal carrellino della spesa, lei mi avrebbe fermata per farmi notare la stranezza degli incontri ripetuti? Anzi, probabilmente, lei ogni giorno incrocia i destini di alcune persone, sempre le stesse, a cui non fa notare la stranezza, perché proprio non si accorge di loro, ma anche loro, forse, non si accorgono di lei»
«È così!»
«Così cosa?»
«Io l’ho notata perché lei è bellissima»
«Così va meglio. Grazie. Anche lei è molto carino. Somiglia a Tippete»
«Tippete?»
«Sì, il coniglio di Bambi, il film. Si chiama anche Tamburino perché batte sempre la zampa. Lei ha la stessa faccia simpatica, i denti sporgenti e le guance pienotte. E batte il piede quando parla. Se n’è accorto?»
«Sì, è un tic. Ora, visto che siamo entrati in confidenza, che ne direbbe di approfondire la conoscenza dinanzi a una tazza di thè?»
«Dico no che non direi. Lasciamo fare alle coincidenze o al destino, oppure a entrambi. Se tra una settimana ci saremo incontrati altre 7 volte vorrà dire che così doveva essere. Arrivederci, forse».
Inti (così si chiama il nostro eroe) telefona in ufficio per avvertire che anche la settimana prossima sarà in ferie. Ha deciso di appostarsi sotto casa della bella mora, per un’altra settimana, seguirla quando esce (va all’Università, oramai lo sa) e poi, nel corso della giornata, fare in modo di incontrarla, come per caso, al bar, all’edicola, in libreria, al mercato, ecc.
Tuttavia, Inti non sa che la mora, che si chiama Morena, da una settimana non esce di casa senza prima verificare, sbirciando dalla finestra, che lui sia arrivato. Non sa inoltre che Morena fa di tutto per farsi seguire ed evitare che Inti, che è alquanto imbranato, la possa perdere di vista. Infine non sa che la mora Morena possiede una collezione di Tippete, di tutte le grandezze e fogge, sparpagliata tra il soggiorno e la camera di letto.
Entrambi, però, non sanno che nella loro disperata ricerca di ottenere un incrocio casuale dei loro destini o, quantomeno, dei loro occhi e delle loro bocche, per tacer d’altro, sono seguiti dalla ex fidanzata di lui e dall’ex fidanzato di lei, anche loro discretamente appostati, speranzosi in un ritorno di fiamma, ignari a loro volta, che una collega di lui e un collega di lei stanno seguendo le loro mosse in attesa di una risposta capace di cambiare il loro destino, o almeno, quello dei loro pretendenti che proprio non capiscono il comportamento dei due, ma capirebbero ancor meno il comportamento degli altri due loro amici che da giorni sono sulle loro tracce per tentare di portare la sorte su una strada meno ripida.
Ora, se avessimo un grandangolo potremmo vedere che anche questi ultimi sono, a loro volta, osservati da altri occhi premurosi e altri occhi seguono discretamente questi occhi e così di seguito, fino a scoprire che anche noi stessi siamo oggetto dell’osservazione e della premurosa attesa da parte di altre persone che da noi attendono soltanto un sorriso e una parola gentile mentre al destino chiedono che cambi la loro vita, una volta per tutte.