Ute Lemper è considerata a ragione una delle più grandi interpreti del cabaret berlinese del primo dopoguerra, erede ideale di Marlene Dietrich.La casa editrice Baldini e Castoldi ha recentemente pubblicato un suo libro: La viaggiatrice del tempo – tra ieri e domani. Alla soglia dei sessant’anni ci parla del suo passato, degli incontri più significativi della sua carriera, delle sue esperienze, ci racconta di personaggi carismatici come Brecht, Bejart, Piazzolla e molti altri.
Una sorta di diario accattivante per le cose che svela, per la leggerezza dello stile, per gli
argomenti che affronta; l’intenso intreccio tra arte, danza, musica, cultura, società e politica dona alla sua scrittura una profondità inconsueta.
Tra i tanti argomenti di cui è ricco il libro, trovo interessante il capitolo dedicato alla Fondazione Kurt Weill per le questioni interpretative che solleva, per il ritratto non agiografico di Lotte Lenya, moglie di Kurt Weill.
Ne analizza il carattere contraddittorio e le inclinazioni, raccontando come non si sia mai lasciata inquadrare nella vita matrimoniale e in quella musicale, soffermandosi sulle sue incisioni dall’inconfondibile voce, resa roca dal fumo delle sigarette e dal whisky, rivelandoci che in punto di morte Lotte abbia confessato alla sua amica Lys Simonette “di aver cantato i brani di Kurt Weill in modo sbagliato e non musicale, non avendo compreso la qualità delle sue composizioni”, augurandosi che in futuro “la musica di Weill sarebbe stata interpretata solo da cantanti classici”, “nota per nota, senza libere interpretazioni”.
Affermazioni però contraddette, nota Ute Lemper, dal fatto che sono state proprio le incisioni poco ortodosse di Lotte a entrare nella storia della musica, facendo così intendere che la questione della fedeltà alle partiture di quel gigante della musica che fu Kurt Weill è un dibattito aperto.