Da una parte Tel Aviv, oasi d’occidente, grattacieli e benessere. Dall’altra il medioevo dei territori occupati. Il diciottenne Joseph è figlio fortunato della terra d’Israele, il coetaneo Yacine della Palestina povera e affamata. In mezzo, a dividere le loro esistenze, un muro di cemento, odio e rancore. Esistenze destinate a non incontrarsi mai e che per fatalità si incrociano, si sovrappongono e quasi prendono l’una il posto dell’altra. Joseph scopre alla visita di leva di avere un gruppo sanguigno incompatibile con quello dei suoi genitori. Il padre, colonnello dell’esercito, la madre, psicologa, ripensano alla nascita del figlio e arrivano alla conclusione che in ospedale c’è stato uno scambio di neonati. Il loro vero figlio è Yacine, che studia medicina a Parigi. Le coppie di genitori si incontrano, un incontro teso, in cui gli uomini non riescono a guardarsi negli occhi, mentre le donne mischiano le loro lacrime, tanto grandi sono la sofferenza e la commozione per avere allevato l’una il figlio dell’altra. Anche i ragazzi s’incontrano, all’inizio diffidenti, dopo che i loro mondi si sono sgretolati. Joseph, cresciuto nella religione ebraica, non è più nemmeno ebreo agli occhi del rabbino; Yacine, diventato grande con il rancore nei confronti degli israeliani, scopre di essere discendente di Davide. Ciascuno dei due, però, cede pian piano all’altro un pezzetto della propria identità. Joseph e Yacine rimarranno nelle loro famiglie, ma saranno figli di quattro genitori. Un film, quello di Lorraine Lévy (Francia 2012), che affronta il tema del conflitto israelo-palestinese con una promessa di speranza. Grazie alle immagini di due ragazzi che superano le diffidenze di oggi e i rancori di sempre vivendo non solo la propria vita, ma anche quella dell’altro.