Mary Louise è una farfalla che volteggia. Gioca con il fuoco, pur di accendere le striature sulle ali di riflessi cangianti e multicolori. Non è alta, non è bella, non danza, vola. Vola dalle tavole sgangherate della provincia assonnata ai teatri delle metropoli, dove non si dorme mai.
Prima New York, poi Londra, infine Parigi. Diventa La Loïe delle Folies-Bergère. Toulouse-Lautrec ne disegna il profilo, una testina bianca sotto la massa fulva dei capelli e tanti graffi, perché neanche lui riesce a fissare il continuo trasmutarsi dei colori che si avvitano nella Serpentine Dance.
Ci provano i cineasti. I pionieri della pellicola, i Lumiere, s’improvvisano entomologi. Dipingono le ali su ogni singolo fotogramma. In un mondo che è bianco e nero, la silhouette fiammeggia, ora rosa, ora gialla, ora verde. Ma è poco più di una caricatura. La Loïe sfugge a ogni trappola, a ogni retino. La si può ammirare solo nel tempo breve del volo sul palcoscenico. Quanto vive una farfalla?
Inganna tutti e inganna se stessa. Mary Louise Fuller si ritira dalle scene e solo dopo anni si accorge che si è bruciata le ali. Il radium impiegato per rendere fluorescente il costume di scena era il suo segreto, un segreto fatale.