“Tu, soldato, come ti chiami?” mi domandò. “Andreas Huber, herr Kommandant!” risposi. “Vieni con me!” fu l’ordine. C’era ancora molto fumo. Man mano che ci avvicinavamo alla grotta aumentava l’odore di sangue e deiezioni. A terra i corpi erano centinaia, uno sopra l’altro. Herr Kommandant li spingeva con il piede per spostarli e per accertarsi se qualcuno fosse ancora vivo. Alla pressione del suo piede un corpo si mosse. Herr Kommandant armò la sua Luger e gli sparò in fronte. Poi, sorridendomi con mestizia, mi disse: “Vedi, è per non farli soffrire inutilmente. Si fa così anche con gli animali. Tu hai mai visto macellare gli animali?” Io di getto risposi di no. Però pensavo alla fattoria in cui ero cresciuto. Ogni volta che mio padre stava per uccidere un maiale mi nascondevo dietro la stalla e iniziavo a piangere disperatamente. Arrivammo in un angolo della grotta in cui c’erano quattro corpi intrecciati uno su l’altro. Herr komandant mi disse di spostarli. Sotto a tutti c’era un ragazzo poco più che bambino con ricci capelli neri e il naso adunco. Aveva gli occhi azzurri, sbarrati, che guardavano nel vuoto. Era immobile ma sulla sua guancia destra una lacrima scorreva lentamente. Herr komandant finse di non accorgersene e si voltò. Fatti pochi passi tornò indietro e gli sparò in un occhio. Quello che lacrimava. “Povero ragazzo”, mi disse tristemente. “Era terrorizzato!”
Il 24 marzo 1944, Herbert Kappler, “Herr Kommandant” organizzò e eseguì personalmente il massacro di 335 uomini, militari e civili, presso le cave di pozzolana sulla via Ardeatina, a Roma.