Il mio Napoleone

Alla Scuola Media Virgilio di Foggia bisognava leggere, alla radio interna, un proprio lavoro.Quando arrivò il mio turno ero preparato insolitamente bene e presentai il “mio Napoleone”.
Le trasmissioni partivano da una piccola stanza, meglio dire un ripostiglio, tra scope, pezze e secchi dei bidelli, grembiuli appesi e puzza di candeggina e acido muriatico usato per i gabinetti.
Mi sistemai al piccolo tavolo con i miei fogli illuminati dalla luce di una lampada di scarto che aveva un cono di cartone a mo’ di cappello. Il segretario mise a posto il microfono, ci tamburellò con le dita, fece partire un “uno, due, tre, quattro, prova, prova…” e dopo un’ intesa con gli occhi – non si usava ancora il pollice-ok – lesse la presentazione che aveva su un foglietto, uscì e chiuse la porta. Eravamo rimasti soli Napoleone ed io.
Feci gli stessi esercizi di respirazione di quando pescavo i ricci a mare e soprattutto mi sforzai di non pensare che un’intera scuola stava in silenzio aspettando che io cominciassi a parlare. Lo feci nascere con un urlo ad Ajaccio e lo mostrai a compiere gli studi, ad entrare nell’esercito e a diventare un soldato meraviglioso. Ne esaltai il carattere corso, le divise blu scuro e l’oro degli alamari. Mi soffermai sulla devozione che avevano per lui i suoi soldati, gli amori non sempre fortunati, le mogli e una prole che non fu mai uguale a lui. Eccolo nelle avanguardie a guidare una carica, o ilare e scorbutico con i capi di altre Nazioni già asservite, o nel mirino. Abbassai i toni solo quando descrissi l’ultima vela che si allontanava triste da Sant’Elena dopo averlo lasciato con una piccola corte.
Poi con un colpo di teatro, che manco Albertazzi, cominciai a declamare un “5 Maggio” che fu la vera sorpresa per come la sentivo dentro. Qualche compagno mi disse dopo che non sembravo più nemmeno io e che si vedevano cadere le lacrime di commozione sui fogli inumiditi. Quando arrivai a …”il Dio che atterra e suscita,che affanna e che consola,sulla deserta coltrice accanto a lui posò” … avevo finito e da tutte le classi si levò un applauso che mi sembrò spontaneo e interminabile.
Uscii da quel bugigattolo stordito anche dagli odori forti; ero rosso, sudaticcio e soddisfatto. Mi vennero incontro sorridenti la Preside e la mia Professoressa di lettere, la Mancini, commossa. E quella fu l’ultima volta che ebbi complimenti per una conversazione alla radio e un altro Napoleone non lo trovai più.
Molti anni dopo feci visita alla sua tomba a Parigi. Mi comportai come ad un pellegrinaggio. Fu un atto di rispetto per un vecchio amico a cui dovevo una sincera riconoscenza per quei momenti di gloria che mi aveva regalato tanto tempo prima.

napoleon5mag

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