IL NATALE INVENTATO

Io il natale me lo sono inventato.

L’ho sognato per anni, dickensiano, caldo, rosso e oro, odore di abete e vin brulé, il tacchino ripieno con salsa di mele, trionfi di dolci e agrumi, canti e allegria e bambini che ridono e animali che saltano nelle carte colorate. L’ho sognato quando ogni natale era per me vecchie zie sconosciute con la barba puntuta che regalavano camicie da notte e sufficienza, mia madre nervosa e spaventata, mio padre furente e depresso, io che cercavo di capire e sentivo che non avrebbe dovuto essere così.

L’ho inventato con fatica a partire dai sedici anni, quando volente o nolente ho dovuto prendere le redini di una famiglia scricchiolante di gente strana e difficile, quando ho preso in mano il primo libro di cucina e mi son ritrovata a servire sei portate e sorrisi e pacchettini personalizzati con tutto l’amore che nonostante tutto avevo, a costo di distribuire boccette di valium con gli aperitivi.

Sono riuscita ad averlo quando i bambini erano piccoli, natali da favola con la famiglia del cuore, quella che ti scegli, e tanti amici a condividere. Notti insonni a preparare biscotti e regali, sveglie all’alba dopo due ore di riposo e i bimbi in pigiamino a scartare felici, e poi zenzero e cannella e god rest ya merry gentlemen e i cori intorno al pianoforte e la vita è meravigliosa in loop in un angolo della sala. E poi altri natali ancora,con l’angioletto sulla cima dell’albero messo dalla piccola di casa in spalla alla zia Pucci, e poi la slitta di Santa Claus che tintinna e il gatto che lo vede e ha proprio la faccia di uno che ha visto Babbo Natale, l’albero tenuto fino a giugno perché toglierlo fa tristezza e magari lo spolveriamo ogni tanto, ok?

Poi le cose cambiano, e non sempre in meglio. I figli crescono, i primi natali con qualcuno lontano e qualcuno che proprio non c’è più, e i traslochi, le ribellioni adolescenziali, che palle mamma, crisi di collera e angoscia e basta natale che non se ne può più, e la figlia che si pente e alla mattina scopri un bagliore sospetto, ed è tutto luci e colori e un biglietto: never forget the magic of christmas. E poi altri traslochi, e tutto che finisce nella spazzatura: non son più tempi, non ci son più soldi, non si può più. E pazienza, ma santiddio quant’è triste.

E poi succede che un’amica per il compleanno ti regala un albero, e ti torna la voglia. E pazienza se non ci son soldi, smetto di fumare e il tacchino lo compro. E poi la figlia che ti dà cinquanta euro del suo risicatissimo stipendio per aiutarti, e decidi che con quelli ci compri i regali per loro. Piccolini, che con cinquanta euro che ci fai, e magari se avanza qualcosa ci scappa pure il dolce.

Magari facciamo anche gli omini di zenzero, eh, Antonia?

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