– Nel campo delle opinioni ogni asino ha il suo raglio
– Ah, sì? Ora avere un’opinione significa ragliare? Chi ha detto questa stupidaggine?
– Un mio amico. Tanto tempo fa. Sosteneva che fosse una frase da attribuire a Hegel, ma era un burlone. Si riferiva a chi, invece di motivare il proprio punto di vista, ripeteva ossessivamente sempre le stesse parole. Mi piace perché è bello, è bello perché mi piace. Un trionfo della tautologia ai tempi in cui le chiacchiere rimanevano confinate tra i tavolini dei bar.
– Immagino che ora vorrai ripetermi ancora una volta ciò che mi hai detto cento volte, che i tempi sono cambiati, che il web diffonde ai quattro venti qualsiasi stupidaggine, che Umberto Eco chiamava imbecilli quelli che il tuo amico definiva asini?
– No, no.
– E allora cosa?
– Non credo che il problema principale oggi sia argomentare il proprio punto di vista. Volendo, anche un asino può chiedere a chat Gpt di farlo.
– E quale sarebbe il problema più importante? Vuoi ancora una volta tirare fuori la vecchia frase per cui una bugia detta mille volte, diventa verità e che il web è pieno di bufale.
– Ma no…
– Allora di cosa vuoi parlare?
– Del free speech. Vedi la parola free …
– Ti innervosisce che la parola “free” a cui hai sempre attribuito un valore positivo ora sia associata a una corrente di pensiero che non condividi? A quelli che ritengono che limitare la libertà di parola nei social, anche quando si dicono cose false e disgustose sia una censura intollerabile.
– Hai colto nel segno. Mascherarsi dietro a certe parole per perseguire l’esatto contrario di quello che significano, è tremendo. Libertà sì, ma non associata ad attività che ne snaturino il senso, sbandierandone il nome. Essere tolleranti con chi parla a vanvera va bene, ma a tutto c’è un limite. Non puoi essere libero nei social di dire cose senza porti limiti di natura etica, senza che nessuno intervenga. Conosci il paradosso della tolleranza di Popper?
– Non lo ricordo.
– Allora te lo leggo, è tratto da “La società aperta e suoi nemici”: “Se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti; se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro l’attacco degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi. In questa formulazione, io non implico, per esempio, che si debbano sempre sopprimere le manifestazioni delle filosofie intolleranti; finché possiamo contrastarle con argomentazioni razionali e farle tenere sotto controllo dall’opinione pubblica, la soppressione sarebbe certamente la meno saggia delle decisioni. Ma dobbiamo proclamare il diritto di sopprimerle, se necessario, anche con la forza; perché può facilmente avvenire che esse non siano disposte a incontrarci a livello dell’argomentazione razionale, ma pretendano di ripudiare ogni argomentazione; esse possono vietare ai loro seguaci di prestare ascolto all’argomentazione razionale, perché considerata ingannevole, e invitarli a rispondere agli argomenti con l’uso dei pugni o delle pistole.”
– Sei favorevole dunque al fatto che nei social si rafforzino le regole che moderano i contenuti?
– Sì, se attuato con equilibrio. Il DSA*, la normativa sui servizi digitali dell’Unione Europea, penso che vada nella giusta direzione.
– Non so cosa è il DSA
– È la legge sui servizi digitali e sul mercato digitale emanata dalla UE. Ha come obiettivo di creare uno spazio digitale più sicuro in cui siano tutelati i diritti fondamentali di tutti gli utenti dei servizi digitali.
– In che modo?
– Gli standard di community dei social devono rispettare le norme del DSA.
– E al di fuori dell’Ue?
– Al di fuori dell’Ue questi standard interagiscono con le leggi emanate da ciascuno stato.
– Una situazione complessa. Legislazioni così diverse andrebbero armonizzate; poi come si fa ad individuare la linea di demarcazione oltre la quale è necessario ricorrere alla censura, come sostiene Popper, quando non si riesce più a contrastare l’intolleranza con argomentazioni razionali?
– È difficile bilanciare il rapporto tra free speech, censura e privacy, ma ritengo che occorra intervenire.
– Non ne sono convinto. La libertà di parola va difesa strenuamente in ogni caso; certi regimi dispotici per imbrigliarla, non aspettano altro. La censura, in qualsiasi modo la giri, è intollerabile.
– Capisco come la pensi, ma se senti la parola free risuonare nei social sulle labbra degli haters, non rabbrividisci anche tu?
– Ah, sì? Ora avere un’opinione significa ragliare? Chi ha detto questa stupidaggine?
– Un mio amico. Tanto tempo fa. Sosteneva che fosse una frase da attribuire a Hegel, ma era un burlone. Si riferiva a chi, invece di motivare il proprio punto di vista, ripeteva ossessivamente sempre le stesse parole. Mi piace perché è bello, è bello perché mi piace. Un trionfo della tautologia ai tempi in cui le chiacchiere rimanevano confinate tra i tavolini dei bar.
– Immagino che ora vorrai ripetermi ancora una volta ciò che mi hai detto cento volte, che i tempi sono cambiati, che il web diffonde ai quattro venti qualsiasi stupidaggine, che Umberto Eco chiamava imbecilli quelli che il tuo amico definiva asini?
– No, no.
– E allora cosa?
– Non credo che il problema principale oggi sia argomentare il proprio punto di vista. Volendo, anche un asino può chiedere a chat Gpt di farlo.
– E quale sarebbe il problema più importante? Vuoi ancora una volta tirare fuori la vecchia frase per cui una bugia detta mille volte, diventa verità e che il web è pieno di bufale.
– Ma no…
– Allora di cosa vuoi parlare?
– Del free speech. Vedi la parola free …
– Ti innervosisce che la parola “free” a cui hai sempre attribuito un valore positivo ora sia associata a una corrente di pensiero che non condividi? A quelli che ritengono che limitare la libertà di parola nei social, anche quando si dicono cose false e disgustose sia una censura intollerabile.
– Hai colto nel segno. Mascherarsi dietro a certe parole per perseguire l’esatto contrario di quello che significano, è tremendo. Libertà sì, ma non associata ad attività che ne snaturino il senso, sbandierandone il nome. Essere tolleranti con chi parla a vanvera va bene, ma a tutto c’è un limite. Non puoi essere libero nei social di dire cose senza porti limiti di natura etica, senza che nessuno intervenga. Conosci il paradosso della tolleranza di Popper?
– Non lo ricordo.
– Allora te lo leggo, è tratto da “La società aperta e suoi nemici”: “Se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti; se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro l’attacco degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi. In questa formulazione, io non implico, per esempio, che si debbano sempre sopprimere le manifestazioni delle filosofie intolleranti; finché possiamo contrastarle con argomentazioni razionali e farle tenere sotto controllo dall’opinione pubblica, la soppressione sarebbe certamente la meno saggia delle decisioni. Ma dobbiamo proclamare il diritto di sopprimerle, se necessario, anche con la forza; perché può facilmente avvenire che esse non siano disposte a incontrarci a livello dell’argomentazione razionale, ma pretendano di ripudiare ogni argomentazione; esse possono vietare ai loro seguaci di prestare ascolto all’argomentazione razionale, perché considerata ingannevole, e invitarli a rispondere agli argomenti con l’uso dei pugni o delle pistole.”
– Sei favorevole dunque al fatto che nei social si rafforzino le regole che moderano i contenuti?
– Sì, se attuato con equilibrio. Il DSA*, la normativa sui servizi digitali dell’Unione Europea, penso che vada nella giusta direzione.
– Non so cosa è il DSA
– È la legge sui servizi digitali e sul mercato digitale emanata dalla UE. Ha come obiettivo di creare uno spazio digitale più sicuro in cui siano tutelati i diritti fondamentali di tutti gli utenti dei servizi digitali.
– In che modo?
– Gli standard di community dei social devono rispettare le norme del DSA.
– E al di fuori dell’Ue?
– Al di fuori dell’Ue questi standard interagiscono con le leggi emanate da ciascuno stato.
– Una situazione complessa. Legislazioni così diverse andrebbero armonizzate; poi come si fa ad individuare la linea di demarcazione oltre la quale è necessario ricorrere alla censura, come sostiene Popper, quando non si riesce più a contrastare l’intolleranza con argomentazioni razionali?
– È difficile bilanciare il rapporto tra free speech, censura e privacy, ma ritengo che occorra intervenire.
– Non ne sono convinto. La libertà di parola va difesa strenuamente in ogni caso; certi regimi dispotici per imbrigliarla, non aspettano altro. La censura, in qualsiasi modo la giri, è intollerabile.
– Capisco come la pensi, ma se senti la parola free risuonare nei social sulle labbra degli haters, non rabbrividisci anche tu?
Il sostenitore della libertà senza regole nel campo della comunicazione è parente stretto del pacifista che non contempla la facoltà di difendersi da un’ aggressione.
Tolleranza non è mai acquiescenza.
Bell’articolo e un’analisi che condivido.
Non ci sono più i Freewheelin’di una volta